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IDV NON PREPARA NESSUNA SVOLTA CENTRISTA

Antonio Di PietroAntonio Di PietroDopo l’intervento di Antonio Di Pietro alla Camera, dove sollecitava il Pd ad assumersi l’onore e l’onere di imprimere una svolta alla coalizione di centrosinistra, sono stati spesi fiumi di parole, di inchiostro, spesso velenoso. C’è chi, in due eventi del tutto casuali, l’intervento di Di Pietro e l’avvicinamento in Aula di Berlusconi, ha voluto forzatamente cercare un nesso, che non c’era e non c’è. Piroette, cambio di rotta, riassestamento, spostamento della linea politica: così è stato definito il suo intervento. Un mare di falsità, di miopia spesso condita da pregiudizio. Comprendo bene che molti dei nostri elettori possano essersi sentiti smarriti, anche se credo, anzi sono convinto, che essi siano molto più avanti di quanto non lo siano i giornali. Voglio rassicurarli: la nostra non è una svolta centrista. Io per primo non voglio trovarmi fianco a fianco con Casini. Credo che a nessuno appaia come una novità che a noi le ideologie non ci interessano. Vogliamo continuare ad essere quello che siamo stati fino ad oggi: un soggetto politico generalista che si rivolge potenzialmente a tutto l’elettorato. Ma pare che questo a qualcuno non piaccia o non faccia comodo. Io ribadisco un concetto che vorrei fosse chiaro a  tutti: quella che è stata definita una sferzata al Pd da parte del leader del mio partito, era un appello accorato a trovarci ora, subito, su una coalizione solida, un leader e un programma. Era ed è un atto d’amore verso la coalizione, verso il Paese, verso quell’idea di alternativa, scaturita forte e chiara dalle amministrative e ancor più dai referendum. Coloro che hanno permesso la vittoria di Pisapia a Milano, di De Magistris a Napoli e coloro che hanno votato ai referendum, non sono tutti di centrosinistra. Mi spiego. Se ci fossero le politiche molti di questi elettori non voterebbero per il centrosinistra. Dobbiamo invece cogliere il messaggio che ci mandano, quello cioè di essere pronti a rimettere in discussione le loro appartenenze di schieramento a fronte di proposte serie, chiare e nette. E’ qui il bandolo della matassa. Nel caso poi dei referendum, 10 milioni di elettori del Pdl hanno bocciato le proposte del governo. Ebbene, noi, proprio noi, che siamo i più convinti antiberlusconiani, siamo convinti che, di fronte a questo messaggio straordinario, che dimostra chiaramente la fine di Berlusconi e del berlusconismo, per liberarsi di lui bisogna già progettare “il dopo” con una proposta politica che sia in grado di attrarre anche il consenso elettorale di una parte di elettori delusi che ha votato centrodestra. Come? Pensare di farlo rifacendosi a basi ideologiche è sbagliato. Quando Vendola parla di sinistra, come se fosse in sé un valore assoluto, la cosa ci lascia indifferenti. I vecchi arnesi ideologici non servono più a niente in questo contesto economico e di relazioni internazionali. Per questo ci poniamo tre obiettivi; vogliamo essere un partito generalista che si rivolge potenzialmente a tutto l'elettorato; vogliamo agire non sulla base di un'ideologia ma su tre valori di riferimento, libertà, legalità e solidarietà; vogliamo fare proposte concrete per risolvere i problemi del Paese e attuare quelle riforme strutturali di cui l’Italia ha bisogno. Riforme che non si faranno in una legislatura: per questo è fondamentale ritrovare delle fondamenta di comune convivenza a prescindere dal cambio di governo. Questo è però possibile solo dopo Berlusconi, che ha impedito il dialogo inquinando la politica con un uso privatistico e col conflitto d'interessi. Quanto al Pd, nessuno ha voluto o vuole cercare lo scontro. Noi vogliamo essere leali alleati. Lasciatemi però dire che è quanto meno bizzarro che quando noi attaccavamo duramente Berlusconi ci dicevano che eravamo un problema perché spaventavamo l'elettorato moderato. Adesso che vogliamo anche noi rappresentare una parte di quell’elettorato ci dicono che lo devono fare solo loro. Io invito gli amici del Pd a cogliere quanto c'è di positivo in questo: se c'è più di un partito che vuole intercettare voti dall'altra parte dello steccato è solamente un fatto positivo, così si vincono le elezioni. Mi auguro che, passato il risentimento iniziale, prevalga la posizione positiva e, soprattutto, costruttiva. Noi, con senso di responsabilità, abbiamo posto un problema oggettivo, ovvero, la mancanza di una coalizione, di un leader e un programma. Se il primo partito di centrosinistra, risponde che la coalizione si farà quando la vorranno loro, mi pare che non dia una prova di forza, ma di debolezza e di imbarazzo. Loro sono la nave, noi un rimorchiatore piccolo ma agile che vuole contribuire a portare il centrosinistra fuori dalle acque basse del porto per cominciare il viaggio in mare aperto. E’ un delitto sognarlo?

ELEZIONI SUBITO: CENTROSINISTRA C’E’ E VINCE!

"Non è un voto ordinario per sindaci e presidenti di provincia: è un voto su di me e sul mio governo. E’ un voto su cui si gioca il futuro mio e della legislatura”. Goodbye mister President, allora. La sveglia è arrivata, e che sveglia! Da Nord a Sud, dagli Appennini alle Ande: centrosinistra a valanga! A Milano e Napoli, a Cagliari, dove il centrodestra regnava incontrastato da dieci anni, a Trieste e Novara, città in mano alla Lega. E poi quelle piccole chicce che aggiungono quel tocco finale che rende ancora più straordinaria la giornata di ieri: ad Arcore, il regno di Sua Maestà Silvio Berlusconi, vince il centrosinistra. La sinistra ha vinto quasi ovunque, in qualche caso, come a Napoli, con la straordinaria vittoria di Luigi De Magistris, stravince e fa il cappotto. Il centrodestra non è più maggioranza nel Paese. Lo è ancora, solo in Parlamento, dove si regge grazie agli “strapuntini responsabili” comprati a suon di soldoni, poltrone e prebende. Se Berlusconi fosse una persona seria, dopo una batosta simile, dovrebbe dimettersi. Lo farà? No, lo conosciamo bene, preferirà andare avanti, per forza di inerzia, trascinandosi in un’agonia lenta e inesorabile. Ma non si sfugge alla verità, alla democrazia, al vento di cambiamento che soffia forte: il governo e la maggioranza hanno i giorni contati. Noi, che siamo seri e responsabili, cominciamo da oggi a chiedere con forza elezioni subito, perché questa tornata amministrativa ha dimostrato che l’alleanza tra Pd, Idv e Sel è salda e vincente ed è il cuore pulsante dell’alternativa. Un’alternativa di centrosinistra a questo governo di inerti e inermi, fondata su una salda alleanza c’è e vince! Dalle amministrative è arrivato l’avviso di sfratto al governo. L’operazione di smottamento è cominciata ieri. Con i referendum del 12 e 13 giugno possiamo completare l’opera. Quattro sì per mandarlo a casa, definitivamente! A nulla serviranno i patetici tentativi di rilancio dell’azione di governo: sono 17 anni che annuncia rivoluzioni copernicane, puntualmente disattese. E’ finita, mister President, gli italiani non ci cascano più.

ITALIA IN PIEDI!

Oggi è un giorno speciale. Mi avete capito. Il vento sta cambiando e si sente un’aria nuova nel Paese. Aria pulita, aria di cambiamento. Un vento che nasce dalla volontà di cambiamento, dal popolo come si diceva una volta. Hanno esagerato, hanno preso troppo in giro gli italiani, scontentando praticamente tutte le categorie. Ad ognuno hanno promesso la luna, a tutti hanno garantito un peggioramento delle condizioni. Sono arrivati al punto che neanche le televisioni di regime possono addomesticare la realtà alle esigenze sceniche del Satrapo di Arcore. Hanno fallito e gli italiani lo hanno capito. Detto questo, però, ora arriva la parte veramente difficile: c’è da ricostruire un paese, bisogna rifondarlo. E per farlo c’è bisogno dell’unione delle forze di opposizione che condividono un progetto e della parte sana dell’Italia. C’è un’Italia che non si è piegata all’illegalità ed alla degenerazione, pur avendo modo ed occasione di farlo in questi anni. E’ da qui, dai giovani e dalle energie positive che bisogna ripartire. Da domani, se il vento del rinnovamento comincerà a soffiare forte, non sediamoci sugli allori, diamoci da fare: c'è un paese da ricostruire.

BERLUSCONI HA DIRITTO ALLA FELICITA’

Chi vota per la sinistra è senza cervello. Parola del presidente del Consiglio, dal capo del governo italiano, di tutti gli italiani. Non possiamo fare a meno di apprezzare la svolta moderata di Berlusconi, che qualche anno fa disse senza mezzi termini che gli elettori di sinistra erano dei ‘coglioni’. In questi ultimi giorni di campagna elettorale Berlusconi ci sta regalando delle vere perle. Qualche giorno fa, dopo gli sproloqui su tutti i telegiornali (poi multati dall’Agcom) disse addirittura ‘mi impediscono di parlare’. Una bella barzelletta, la migliore dell’anno. Complimenti a Silvio, nonostante le batoste elettorali non ha perso la voglia di farci ridere. E senza volgarità e doppi sensi a sfondo sessuale stavolta. C’è una frase, però, che mi ha colpito particolarmente. L’ha detta ieri sera a Porta a Porta. E’ questa: “Io mi sono condannato per 17 anni,anche a causa dei vari processi e del disdoro subito su tutti i giornali del mondo, all'infelicità”. Lo ha detto per ribadire che sarebbe felice di lasciare la politica, ma non può farlo. Ma no presidente, tutti hanno diritto alla felicità. E’ addirittura garantito dalla costituzione di una grande democrazia che lei cita spesso come esempio (un po’ meno da quando c’è quel progressista abbronzato di Obama a dire la verità), quella americana. Presidente Berlusconi, lei è un uomo ricco, potente, ha tutto. Lasci la politica e sia felice, vada in barca, in una delle sue stupende ville nei posti più belli del mondo. Potrà dedicarsi al bunga bunga senza problemi, senza fastidi e senza scandali. E soprattutto permetterà all’Italia di tornare ad essere una democrazia normale, come quelle europee, senza conflitti d’interessi, senza monopoli mediatici, senza derive populiste ed autoritarie. Esca di scena ora, quando è ancora in sella al destriero. Lei ha i migliori sondaggisti del mondo e lo sa bene: gli italiani non hanno più fiducia in lei. Esca di scena ora e sia felice. Altrimenti saranno i cittadini a mandarla a casa, e presto, con il loro voto.

FACCE DI BRONZO E RIMOZIONE DELLA REALTA'

Verdini - La RussaVerdini - La RussaSta andando in scena in questi giorni la più grande operazione di rimozione della realtà mai messa in piedi in una democrazia europea. La linea di Berlusconi sul voto, espressa dal coordinatore Verdini (indagato eccellente e coordinatore del pdl) è: abbiamo pareggiato. Una bella X sulla schedina del primo turno delle amministrative in attesa del ballottaggio. Nessun cenno all’emorragia di voti, alla sonora bocciatura di Berlusconi a Milano, agli straordinari successi di De Magistris e Pisapia. Quelli che ‘via le Br dalle procure’ hanno perso, la gente non li vuole più. E’ evidente che di fronte agli effetti sempre più concreti della crisi economica in atto, che incidono sulla vita reale di tutti i cittadini, la mistificazione berlusconiana non basta più, ha dovuto cedere il passo alla realtà. Però bisogna ammettere che il loro tentativo è straordinario. Come la loro faccia tosta. Anche di fronte alla catastrofe elettorale hanno detto di aver pareggiato, se non addirittura vinto. Berlusconi ha trasformato le comunali di Milano in un referendum sulla sua persona. Ha perso, ma fa finta di niente. Vuol dire che non ha e non hanno alcuna intenzione di prendere atto della volontà popolare. Fanno finta di non rendersi conto che la risicata maggioranza parlamentare su cui ancora possono contare non rappresenta più il pensiero degli elettori. Non voler prendere atto della volontà popolare è anche un’indicazione politica molto chiara: rimarranno aggrappati alle poltrone con la colla, ci si faranno inchiodare sopra. Attenzione, dunque, a dare per imminente la capitolazione di Berlusconi. Il suo ciclo politico è finito senz’altro, ma non è detto che ciò coincida con la sua caduta. Questo deve essere uno spunto di riflessione per il centrosinistra. Dobbiamo farci trovare pronti

MILANO DA BERE, “L’AMARO GIULIANO”

BerlusconiBerlusconiLassini, quello dei manifesti “fuori le br dalle procure” ha preso 872 preferenze. Praticamente, poco più dei voti di un medio condominio a Roma. Il premier, sotto la madonnina, nella sua Milano da bere, beve l’amaro Giuliano: dimezzato a Milano ma anche ad Olbia, nella sua amata Sardegna. Il Carroccio si prepara a chiedere la verifica dopo i ballottaggi. Soffia forte il vento di crisi nel governo. Oggi, in Aula, la maggioranza è andata sotto tre volte. La tanto celebrata unità evapora. Arrivano i primi effetti dello tzunami delle amministrative, tira brutta aria per i latitanti responsabili. Nel centrosinistra, invece, spira un vento nuovo. Da queste amministrative esce un centrosinistra rinnovato e galvanizzato. L’unità viene premiata, così come i candidati credibili e convincenti. La strada è in salita ma è tracciata. Legalità, riformismo, giustizia, sviluppo: è questa la proposta politica, l’alternativa da cui ricominciare e verso la quale i cittadini mostrano di avere fiducia. L’alternativa non è solo protesta ma anche proposta. I partiti non sono tutti uguali, così come non sono tutti uguali i candidati. Ora, ventre a terra per i ballottaggi con una parola d’ordine: completiamo l’opera! La spallata è vicina e con i referendum del 12 e 13 giugno lo sfratto per Silvio Berlusconi a palazzo Chigi sarà esecutivo.

QUESTIONE MORALE? LE MIE RIFLESSIONI AI VOSTRI COMMENTI

Voglio tornare sull'argomento che ha suscitato tanto interesse e tante polemiche, anche per provare a rispodere ai moltissimi commenti: c'è una questione morale nell'Idv? Se fosse vero, e se le parole hanno un senso, affermarlo vuol dire che nel partito sguazzano indisturbati corrotti, disonesti e persone che usano la politica per interesse personale. Questo è falso e insultante e ribadisco con fermezza e indignazione che il partito che conosco e che incontro in giro per l'Italia da dieci anni, non solo è il partito dove non c'è nessuna questione morale ma, al contrario, è un partito bello e pulito. E se affermare questa certezza, con forza e anche con una certa incazzatura verso chi sostiene il contrario, mi vale il titolo di "togliattiano", me lo prendo senza farci troppo caso. Detto questo facciamo una serie di precisazioni, alle quali non ho alcuna volontà di sfuggire. Negare la questione morale equivale a dire che viviamo nel partito perfetto? Di certo no. Persone che si sono rivelate non per bene ce ne sono state, senz'altro, ma quando ce ne siamo accorti le abbiamo sempre allontanate dal partito. Altri probabilmente ce ne sono o ne arriveranno, e l'unica difesa che abbiamo è sempre e soltanto quella di continuare ad essere intransigenti sotto il profilo della correttezza morale, con i nostri iscritti ed eletti. Negare la questione morale significa negare che una parte  della classe dirigente che abbiamo portato nelle istituzioni si sia rivelata non all'altezza del compito o che ci abbia usati come un autobus? Di certo no. E' accaduto ed ovviamente chi ha avuto maggiori responsabilità di scelta ha sbagliato di più. Ma vi garantisco che costruire un partito dal nulla, partendo senza struttura, senza un brandello di classe dirigente ereditata da precedenti formazioni politiche è stata un'esperienza midiciale. Solo la lega, che è nata 25 anni fa, dalla società civile, così come noi, ha sperimentato difficoltà analoghe, anzi molto maggiori. Abbiamo mobilitato decine di migliaia di persone dalla società civile. Abbiamo accolto anche molte persone che venivano da precedenti esperienze politiche. Nel 95% dei casi abbiamo scelto bene, nel 5% abbiamo sbagliato. Sentiamo la responsabilità degli errori e proveremo a fare ancora meglio, ma ce l'abbiamo messa tutta. Ma soprattutto, oggi stiamo formando nei comuni, nelle province e nelle regioni una classe dirigente tutta nostra, fatta di molti giovani uomini e donne. Per questo abbiamo la coscienza pulita. Negare la questione morale significa negare che talora vi siano stati abusi nel tesseramento, o logiche familistiche o di potere? Di certo no. Ed anche questo fenomeno ci amareggia e cerchiamo di contrastarlo. Ma nessuno ha ancora trovato un sistema più democratico delle iscrizioni e dei congressi per attuare la democrazia all'interno di un partito. E poi diciamocelo con chiarezza: talora chi si lamenta ha buone ragioni per farlo, ma spesso non è in nulla diverso, o migliore o più competente di colui che critica. La verità è che costruire un partito davvero diverso è una fatica improba e un lavoro che non conosce fine. E allora ben venga il confronto, le critiche, anche quelle sui giornali, ma nessuno, ribadisco, nessuno si può permettere, mentre tutti noi lavoriamo ogni giorno con tutte le nostre forze per rendere questo partito sempre migliore, di non fare nulla se non salire in cattedra e tentare di dividere il partito in buoni e cattivi, in idealisti e opportunisti, rappresentando se stesso come il bene e il resto come il male.

UNA PUGNALATA ALLE SPALLE

Vasto 2010Vasto 2010Sono esterrefatto e chiedo scusa se i miei toni di oggi potranno apparirvi eccessivi ma l’attacco a freddo che De Magistris, Alfano e Cavalli, hanno sferrato oggi al mio partito mi indigna profondamente. Non era bastato il colpo arrivato il giorno dopo la vicenda Razzi e Scilipoti con le critiche alla selezione dei candidati e con il presagio di altre possibili fuoriuscite. A distanza di una settimana, arriva il secondo colpo, la bufala della questione morale in Italia dei Valori. Non siamo perfetti, per carità, lo sappiamo, ma proprio per quel senso di responsabilità che sentiamo a maggior ragione dopo quanto è accaduto, due giorni fa abbiamo analizzato la questione candidature all’ufficio di presidenza, per rivedere i criteri di scelta a cariche elettive della nostra classe dirigente. In quella sede, tra l’altro, ho avanzato nuovamente come soluzione la mia proposta presentata al congresso, di candidare dirigenti che abbiano un percorso nel partito di almeno due anni. Abbiamo anche convocato per il prossimo 14 gennaio l'esecutivo nazionale che dovrà, tra le altre cose, discutere proprio di una eventuale stretta sulle candidature. Il dibattito, dunque, c’è ed è vivo perché è forte la voglia di migliorarsi ma è un percorso difficile, complicato e per questo necessariamente lento e graduale. Negli ultimi due anni, abbiamo portato quasi 60 persone nei parlamenti nazionali ed europei, più di 1.500 persone nelle istituzioni territoriali, siamo cresciuti in modo esponenziale con una classe dirigente ancora in costruzione. Per questo, di tutto abbiamo bisogno tranne che di pugnalate alle spalle perché quella di oggi non ha nessuna velleità di critica costruttiva. Chi vuole costruire un partito sul serio, chi vuole migliorarlo davvero viene alle riunioni, partecipa attivamente alla vita di partito, pone le questioni negli spazi deputati al confronto e se lì non trova le risposte giuste, se li trova porte chiuse e sbarrate, allora lo denuncia ai mezzi di informazione. Non viene alle riunioni, tace e poi lancia bombe sui media. Come si può parlare di questione morale in Italia dei Valori? Come possono arrivare a parlare di questione morale nel mio partito lasciando intendere che vi sarebbero ipotesi di corruzione, malaffare ed un uso personale della politica? Come possono parlare di signori delle tessere in un partito dove tutti i congressi sono stati aperti e molti dall’esito incerto? Quale autorità hanno per salire sul pulpito e vestire i panni di novelli Savonarola nei confronti di quel partito che per loro ha costruito ponti d’oro? Come ho dichiarato insieme a Leoluca Orlando e Felice Belisario in una nota apparsa oggi su il Fatto Quotidiano,  una simile uscita, tanto violenta quanto falsa, offende ed umilia decine di migliaia di attivisti e militanti e migliaia di dirigenti territoriali e nazionali. Per questo credo, che simili astrusità possono avere solo due motivazioni: o nascono da un’inscusabile ignoranza della realtà del partito, e questo mi pare poco probabile, o sono il primo passo di chi pensa di proseguire una percorso politico fuori da IDV e inizia un’opera di sistematica delegittimazione del partito nel quale militano. Ma sappiamo che, se così fosse, tradirebbero il mandato degli elettori  né più né meno di quanto abbiano fatto Razzi e Scilipoti.

RAZZI E SCILIPOTI? UNA LEZIONE PER IL FUTURO

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Non mancherò di rispondere alla domanda che brucia in queste ore: perché Scilipoti e Razzi, due deputati di Italia dei Valori, hanno votato la fiducia a Berlusconi, tradendo il partito e gli elettori di Idv ma per farlo devo prima fare qualche doverosa premessa. A scanso di equivoci, non vi nascondo che sono profondamente amareggiato per quello che è accaduto e ne sento in qualche modo la responsabilità, perché questo fa una classe dirigente seria di un partito. Non si mette in cattedra a dispensare consigli o a dare colpe ad altri ma se le assume in prima persona ed opera concretamente perché questo non si ripeta mai più. Io credo che ci siano due cause, una recente e una remota che spiegano quanto accaduto. La causa recente è riconducibile a Silvio Berlusconi e a quanto ha messo in atto nell’ultimo mese e mezzo. Mentre Italia dei Valori e tutta l’opposizione, così come era stato chiesto dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con senso di responsabilità contribuiva a congelare la crisi per approvare una legge finanziaria di fronte ad una crisi economica che non conosce tregua, il presidente del Consiglio tesseva la sua tela di corruzione, metteva in scena il più abile, furbo e scaltro mercato delle vacche parlamentari. In gioco, ricchi premi e cotillon: mutui, poltrone, seggi sicuri e rielezione servita su piatti d’argento. C’è riuscito. Un bella vittoria di Pirro che non servirà a nulla ma che ha rinsaldato il suo ego ipertrofico. Detto questo, pur assumendoci le responsabilità e lavorando perché non vi siano più casi come quelli di Razzi e Scilipoti c’è un limite oggettivo che una classe dirigente di un partito ha, ovvero, quello di non riuscire a possedere arti divinatorie che gli permettano di capire se nel Dna di un dirigente e militante di IDV, c’è il gene del tradimento, se ha un prezzo in cambio del quale è pronto a vendersi. Può lavorare, come IDV sta facendo da dopo il congresso nazionale, per costruire e formare una vera classe dirigente, sempre più radicata, consapevole e fidelizzata. Negli ultimi cinquant’anni, solo alla Lega Nord è accaduto quello che è successo a Italia dei Valori, ovvero una crescita esponenziale in poco tempo, pur non avendo una classe dirigente radicata sul territorio. Non è un caso che dal 1992 al 2001, la Lega Nord abbia conosciuto ben più celebri traditori e storici tradimenti rispetto a noi. Basti pensare al caso di Irene Pivetti che, da presidente della Camera della Lega Nord, è passata a Dini con Rinnovamento italiano ed è poi finita ad occuparsi di un reality sul lifting. O a quello del presidente del gruppo parlamentare della Lega che, dopo aver presieduto il gruppo del Senatur alla Camera, è passato alla Margherita. Dunque, la soluzione non sono cabine di regia che puzzano di logiche spartitorie a due o a tre. E’ la costruzione di un partito vero, come stiamo già facendo, che formi la sua classe dirigente sul territorio, che faccia crescere i suoi giovani nei comuni, nelle province e nelle regioni, fino a portarli in Parlamento. E’ questa la nostra sfida: continuare sulla strada che abbiamo già tracciato.

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Siccome buona parte degli interventi sono sulla stessa linea e ci rimproverano di aver candidato due transfughi da altri partiti saliti a bordo di IDV in corsa, ci tengo a ribadire per fare chiarezza che questo è profondamente sbagliato. State prendendo una cantonata. Razzi e Scilipoti erano con noi da dieci anni. Sono quindi, a tutti gli effetti, militanti della prima ora, come voi. Non politici provenienti da altri partiti e saliti a bordo strada facendo. E allora? Cosa dobbiamo fare? Il test della verità? Se non bastano nemmeno dieci anni di lavoro spalla a spalla a garantire la sincerità dell'impegno di una persona, come si fa a fidarsi ed a scegliere? Capisco la vostra amarezza che è anche la nostra, ma dobbiamo affrontare la realtà rappresentata dal fatto che il tradimento più vile lo abbiamo ricevuto proprio da due militanti storici. Due traditori che sono stati in mezzo a noi per dieci lunghi anni. Non credo che dobbiamo per questo perderci d'animo, ma impegnarci sempre più a migliorare e a radicare un partito sempre più forte sul territorio.

 

VENDOLA LEADER? SAREBBE SUICIDIO COLLETTIVO

La StampaLa Stampa

Pubblico il testo della mia intervista apparsa oggi su "La Stampa"

Vero che di questi tempi il fantasma delle elezioni anticipate si aggira nei corridoi del Palazzo e per sentirsi pronti alla pugna è difficile prescindere dalla scelta di un condottiero dotato di carisma, perché «oggi la politica si nutre anche di leadership». Però affidarsi a Vendola «sarebbe un suicidio collettivo e dunque non mi sembra una buona idea». Massimo Donadi è un docente di diritto privato prestato alla politica, sempre misurato in tv, ma da buon veneto senza peli sulla lingua e di Antonio Di Pietro è il braccio destro alla Camera. E anche se un anno fa fece la scelta temeraria di smarcarsi da un Tonino ancora paonazzo dopo uno scontro frontale con il capo dello Stato, questa volta il capogruppo dell' Idv ci va giù con mano ancora più pesante. Dopo aver letto l' intervista a La Stampa in cui il suo leader benedice la kermesse di maggio a Firenze con Santoro, De Magistris e Vendola, non riesce più a tenersi. «Io non ci andrò e spero che Di Pietro ci ripensi.
L' immagine che ne viene fuori non è quella di un Idv che viaggia intorno al 10% e che può giocarsi la sua partita dettando temi e regole per costruire una futura coalizione, ma di un partito in difesa nel tentativo di arginare Vendola». Insomma il numero due dell' Idv non ci sta a farsi schiacciare dalla sinistra. «Sarebbe un errore mortale per noi. Vendola è una persona brillante e simpatica, ma per me non potrà essere mai e poi mai il leader della coalizione. E' l' espressione oggi più alta di una sinistra ideologica che non ha ancora fatto i conti con la sua storia, che ha la responsabilità di due fallimenti di governi di centrosinistra con lo slogan di "spendi e tassa". E che non ha capito nulla delle dinamiche della sicurezza e dell' immigrazione. Se Vendola fosse il prossimo candidato premier, potremmo dire di aver creato noi la Padania, perché non è un caso che il suo partito al nord abbia percentuali da prefisso telefonico». Quindi Di Pietro sbaglia su tutta la linea a cavalcare questa operazione? «Penso che lui, che è uomo scaltro e accorto, anche se ha poco da condividere con Vendola, voglia essere vicino a questo mondo in fermento. Un mondo a sua volta vicino ad alcuni settori del partito...». Ecco, anche se sono passati sei mesi dal congresso della "svolta governativa", in cui Di Pietro mise all' angolo il rivale De Magistris, è evidente che la piaga ancora è infetta.
E per Donadi, questo modo di corteggiare i movimenti «è sbagliato perché appare gregario e noi al contrario dobbiamo rilanciare con proposte di ben altro peso e spessore». Allora, visto che tirare la volata a Vendola ha tutto il sapore di uno schiaffo a Bersani, che «produrrà solo l' acuirsi dei conflitti dentro il Pd», per Donadi sarebbe saggio puntare su cavalli che potrebbero avere più gradimento tra le armate dipietriste. «Non si può pensare di costruire una futura coalizione se non partendo dal Pd, pur rivendicando che noi dobbiamo essere competitivi con loro e con la sinistra radicale. E' mai possibile poi che in Italia siamo condannati ad avere candidati premier sempre sulla soglia dei 60 anni? Esistono giovani bravi fuori dal Pd, ma anche nel Pd e penso al sindaco di Firenze Renzi, a Zingaretti, ad Andrea Orlando, a Beppe Civati. Facciamo delle primarie vere e basta con queste alleanze costruite nel chiuso dei laboratori politici che piacciono tanto a D' Alema».

dal quotdiano, La Stampa: www.lastampa.it