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BASTA CHIACCHIERE, A VASTO PARTE IL CENTROSINISTRA

Tag: Bersani , BINDI , BONELLI , Casini , FAVA , FERRERO , Fini , Fli , Idv , Pd , PRODI , Sel , udc , Ulivo , Vendola , VERDI

Balle e balletti. Basta. Basta col teatrino della politica, che ad agosto si fa ancora più insulso ed insopportabile. Basta con ricette, alchimie, formule, autocandidature, suggerimenti e teorie. Ci vuole concretezza. In questa fase politica il governo potrebbe cadere da un momento all’altro e l’opposizione cosa fa? Discetta amabilmente (oddio, forse proprio amabilmente no) su alleanze, strategie, leggi elettorali sulle pagine dei giornali. Di concreto niente. Non un incontro, non un vertice, non un tavolo di confronto. Chiacchiere su chiacchiere, al vento. Noi siamo un po’ diversi, per fortuna. Più concreti. Per questo il 19 settembre, alla nostra festa nazionale di Vasto, abbiamo organizzato un incontro con tutti i rappresentanti del centrosinistra che intendiamo costruire. Per costruire il Nuovo Ulivo non basta solo parlarne. Ci saranno Rosy Bindi per il Pd, Claudio Fava per Sel, Paolo Ferrero per la Federazione della Sinistra e Angelo Bonelli per i Verdi. Abbiamo fato delle scelte. Abbiamo invitato i soggetti politici con cui vogliamo fare l’alleanza. Non abbiamo invitato quelli con cui non vogliamo allearci. Perché; al contrario di altri, abbiamo le idee chiare. Non abbiamo invitato Fli, perché loro stanno a destra, perché stanno ancora in maggioranza e continuano a cercare l’accordo con Berlusconi. Non sono nostri alleati strategici. Non abbiamo invitato l’Udc perché loro, invece, stanno con tutti. Col centrodestra e col centrosinistra, dipende da come gli conviene. Noi no, noi stiamo da una parte sola. E poniamo anche un problema di etica e trasparenza politica nei confronti dell’Udc. Non tutta la loro classe dirigente, al Sud soprattutto, è limpida. E noi certe persone non ce le vogliamo. Per tacere delle distanza sui temi etici e sui diritti civili. Hanno posizioni antitetiche alle nostre e trovare una sintesi sarebbe quasi impossibile. L’asse della nuova alleanza, cui non si può prescindere, è Pd-Idv. Noi fisseremo i paletti della tenuta etica e della coerenza politica che non sempre il Partito Democratico ha ben chiari. Sel e Verdi sono interlocutori naturali per costruire il nuovo Ulivo, mentre Ferrero, a nome della federazione della Sinistra, dovrà chiarire se intendono farsi carico delle responsabilità di governo. Un primo incontro in cui rappresentanti ai massimi livelli dei partiti del centrosinistra si confronteranno di persona e non sulle pagine dei giornali. Il primo incontro da tre anni  a questa parte. Il primo passo. Lo ripeto da tempo. Siamo già in ritardo e visto che la situazione politica è instabile e potrebbero esserci colpi di scena, sarebbe imperdonabile farsi trovare impreparati. Noi non facciamo chiacchiere, costruiamo la nuova alleanza per l’alternativa di governo.

DUE INTERVISTE, TRE IDEE

Nella mia intervista a Repubblica di qualche giorno fa, ho espresso tre posizioni: sì ad un governo tecnico a tempo per fare la legge elettorale; rilancio della nuova alleanza di centrosinistra; apertura ad una alleanza ampia, un fronte di liberazione nazionale, per battere Berlusconi.  Ieri Bersani, in una lettera a Repubblica, ha detto, sostanzialmente, tre cose: governo tecnico per la legge elettorale, costruire il nuovo Ulivo, possibilità di un'alleanza democratica per mandare a casa Berlusconi. Sarà perché sono affezionato alle mie idee, ma non posso che condividere la posizione di Bersani. Alcune di queste cose, come la costruzione del nuovo centrosinistra, o nuovo Ulivo, dipendono da noi e siamo già in ritardo. Altre no, dipendono soprattutto da altri, dal fluire della situazione politica e dalla posizione delle diverse forze in campo. Antonio Di Pietro, intervistato dall'Unità, ha detto che il limite dell'alleanza è Casini. Sono d'accordo. Il limite della coalizione di centrosinistra è Casini. Ma se si dovesse andare al voto con questa legge elettorale porcata e di fronte al rischio di riconsegnare il Paese a Berlusconi, con una minoranza di voti, che cosa sarebbe giusto fare? Resto convinto che in questo malaugurato caso, e solo in questo malaugurato caso, la strada sia quella di un'alleanza di tutte le forze democratiche, di destra e di sinistra, per mandare a casa il videodittatore di Arcore. Su questo tema ci confronteremo all'interno del partito, con grande responsabilità. Sia chiaro, non sto parlando di allargare il centrosinistra all'Udc o a Fli di Fini, non sto parlando di una nuova coalizione, ma della possibilità di formare, una volta ed una volta soltanto, un fronte di liberazione democratico. Poi ogni forza politica tornerà nel suo schieramento. Un'alleanza costituente per riscrivere le regole della democrazia, che oggi è un campo di battaglia.

C'ERA UNA VOLTA LA POLITICA

Tag: Casini , Fini , Lega , Napolitano , udc

 C'era una volta la politica, quella basata sul confronto, sulla discussione, sulle diverse proposte ed ovviamente sullo scontro, la polemica, la divergenza di opinione tra schieramenti. Il tutto entro i limiti della pubblica decenza, di una coerenza di vedute alla base di ogni posizione, del rispetto delle istituzioni e degli elettori.C'è oggi  una politica che ha smarrito non solo la dignità di quella con la P maiuscola, cosa che è accaduta ormai da tempo, ma anche quel minimo di decoro e civiltà che le sono indispensabili. Mi riferisco allo spettacolo che è andato in scena sulle pagine dei giornali in questo agosto singolare sotto il profilo dell'attivismo politico, ma non solo. Una sorta di horror show, una politica che ha definitivamente gettato la maschera per mostrarsi in tutto il suo orrore, una politica avvilita, che è arrivata a mostrare con spudoratezza le sue vesti peggiori.Oggi ne abbiamo un esempio lampante, con lo scontro tra Udc e Lega. Il senatur che definisce Casini "trafficone" e poi "stronzo" si commenta da sé e alimenta l'idea che si sia superata la soglia della decenza nella polemica. E' come se ogni remora  si fosse smarrita, ogni minimo rispetto per la solidarietà di schieramento fosse stato ignorato e oltrepassato, lasciando spazio ad un dibattito che fa vergognare di essere italiani. Tutto è iniziato con la lapidazione mediatica di Fini, un'operazione che ha dell'incredibile e che vede, però, un presidente della Camera che, pur facendo della questione morale il suo cavallo di battaglia, non ha ancora chiarito la propria posizione. Da lì la bruttura della politica non si è mai fermata, con una Lega a cui non importa nulla di nulla e vuole solo andare ad elezioni, con l'Udc che fa il gioco delle tre carte, accomodandosi su tre tavoli, con un premier che grida al golpe nel momento in cui vede vacillare la propria maggioranza e subito dopo ignora ogni logica di coalizione tentando di sostituire Fini con Casini. Ma l'horror show non finisce qui, la mancanza di coerenza prende sempre più piede, con il camaleontico Silvio che, dopo le pesanti asserzioni sulla paura della sinistra di andare al voto, sul timore di votare del vecchio fedele alleato, ora nemico numero uno Fini, dopo le pesantissime accuse a Napolitano che frenava sul voto anticipato, di punto in bianco, dice che preferisce non votare, spiazzando un elettorato che probabilmente non sa più cosa pensare, forse solo perché i conti in casa Pdl non tornano più e non assicurano la vittoria.In un quadro politico così desolante, oltre e forse ancor prima dell'augurio che il Paese possa riavere al più presto una guida seria che rispetti gli interessi della collettività più che i propri, la speranza è che che la politica possa ritrovare quella dignità che dovrebbe contraddistinguerla e che è fondamentale per la pretesa di rispetto da parte degli elettori, perché questa, la politica dell'horror show,  avrà fatto desiderare a chi è andato a trascorrere le ferie all'estero, di non tornare mai più in Italia.    

NON LASCIAMO L’ITALIA NEI... “CASINI”

Pier Ferdinando CasiniPier Ferdinando Casini

Degli ultimi quindici anni di vita politica di questo Paese butterei via tutto o quasi. Butterei via senz’altro tutti gli anni in cui ha governato Silvio Berlusconi, salvando quel poco che c’è di salvabile, invece, dell’esperienza del governo dell’Ulivo. Non un granché per la verità, visto che, con l’esplosione che l’ha mandato in mille pezzi, non è finito solo una stagione di governo ma è sparita una intera coalizione, dispersa in una diaspora insanabile. C’è solo una cosa che salverei di questi anni ed è l’affermarsi del bipolarismo, anche se oggi non ha un bell’aspetto ed è ostaggio del berlusconismo, causa e ragione del suo cattivo stato di salute. Lo salverei perché il bipolarismo ha portato nel nostro paese il valore insostituibile della sana alternanza di governo, con la quale in democrazia si mettono in moto i virtuosi anticorpi ad ogni forma di controllo e sopraffazione, perché ha introdotto il principio sacrosanto della responsabilità di coalizione, che nasce intorno ad un leader e ad un programma da realizzare e non da stracciare il giorno dopo. Ecco perché sono convinto che il bipolarismo sia una esperienza non solo da salvare ma da conservare, così come sono convinto che, una volta tolto di mezzo Berlusconi, il nostro bipolarismo potrebbe finalmente essere normale e riuscire a godere di buona salute. Ci sarebbero due schieramenti e due leader che finalmente si confronterebbero ad armi pari sui contenuti, costretti a cercarsi il consenso non come ora grazie al controllo dell’informazione ma sull’offerta di proposte da fare al paese. Il problema, però, è che con questo Pd, che è ogni giorno di più la bella addormentata nel bosco, c’è il rischio serio che il bipolarismo non sopravviva a Berlusconi e che, all’era Berlusconi succederà quella di Casini. E non lo dico perché mi piace fare dietrologia filosofico-politica ma perché, da alcuni colloqui avuti in forma privata con illustri esponenti del Pd, mi risulta nei fatti. Il ragionamento che alcuni fanno in casa democratica è più o meno questo. Siccome siamo consapevoli che Pd, Sinistra radicale, Idv e Udc non potranno mai stare insieme, piuttosto che rispedire Casini nelle braccia di Berlusconi, siamo pronti a svendere il bipolarismo e ad aprire la strada a Casini, confezionando una legge elettorale che azzeri il sistema bipolare, introduca un sistema proporzionale dove ogni partito corre da solo e fa da ago della bilancia il giorno dopo le elezioni. Non esisterebbero più coalizioni, né candidati premier. Esisterebbero solo partiti che chiedono consenso sul simbolo e governi che nascerebbero il giorno dopo, non sui programmi ma in base al numero di poltrone offerte in cambio del sostegno, secondo quel detestabile sistema da prima repubblica che con tanta fatica abbiamo cancellato per sempre. Chiudere l’era Berlusconi aprendo quella di Casini sarebbe un delitto. Lasciare che Casini abbia la golden share dei futuri governi di questo paese, sarebbe un criminogeno passo indietro, nel giurassico della politica, talmente scellerato da poter essere a ragione annoverare tra i crimini contro l’umanità. Dopo vent’anni di Berlusconi, a questa stanca e povera Italia, almeno quest’altro pugno in faccia, che finirebbe per stenderla definitivamente, risparmiamoglielo.

CON CASINI? ERRORE IMPERDONABILE

Pier Ferdinando CasiniPier Ferdinando Casini

Un governo di responsabilità nazionale per uscire dalla crisi politica in atto. Ecco la soluzione proposta nelle ultime ore da Pier Ferdinando Casini, il maestro delle alleanze di convenienza, colui per il quale non fa differenza se si tratti di centrodestra o di centrosinistra, perché l’importante è mantenere la poltrona. Questa volta, infatti, il leader Udc parla di un governo aperto a tutti, sul quale non è possibile avanzare veti su Berlusconi premier ed è lo stesso Casini che nel luglio scorso non escludeva la partecipazione ad un esecutivo di emergenza democratica con i partiti della sinistra. Una coerenza tutta sua, che solo lui comprende, basata esclusivamente sulle convenienze del momento, senza mai perdere di vista l’ obiettivo principale: distruggere il bipolarismo, continuando, imperterrito e finora indisturbato, con la politica dei due forni, un’ideologia che lo porta a non guardare oltre il proprio ombelico e considerare quet’ultimo come punto di equilibrio dell’intero universo. Non è un caso che abbia detto, con apparente indifferenza, che, se Lega e Idv si chiamassero fuori da questo ipotetico governo di larghe intese, sarebbe un problema loro. In questo modo, prenderebbe due piccioni con una fava, levandosi di torno i due partiti più marcatamente bipolari ed allontanando quello che rappresenta per lui un pericolo. Ritengo sia il caso che l’opposizione rifletta seriamente sull’atteggiamento del leader dell’Udc e soprattutto sulle sue ultime dichiarazioni. Dare credito ad un Casini che cambia colore a seconda del fiore su cui gli conviene poggiarsi, nel suo perenne volo di convenienza, sarebbe un errore imperdonabile. Quello che invece adesso il centrosinistra è chiamato a fare, per dovere di responsabilità politica, è costruire una seria alternativa ad un governo che con ogni evidenza sta per sgretolarsi. E’ il momento di farsi promotori di una grande apertura e discussione politica, in modo che, quando governo e maggioranza, che già stanno venendo meno, crolleranno definitivamente, ci sia una coalizione di centrosinistra coesa e compatta, capace di dare ai cittadini la sicurezza di rimanere unita per realizzare il progetto che loro stessi andranno a votare. L’obiettivo dovrà essere non solo quello di rimotivare i delusi del centrosinistra, ma anche di interpretare le speranze dei tanti elettori di centrodestra ingannati ed ora delusi dalla maggioranza. Il tempo stringe, perché questo governo sta dimostrando ogni giorno di più di non essere capace di governare.

SU BRANCHER IDV NON MOLLA: A CASA!

Non so voi ma io, sulla vicenda Brancher, mi sento preso largamente per i fondelli. E siccome Italia dei Valori non è in Parlamento per assistere inerme agli imbrogli di questo governo e di questa maggioranza, non retrocede di un passo. La rinuncia di Brancher ad utilizzare il legittimo impedimento non è un atto di responsabilità come sostiene il Pdl e la Lega. E’ una colossale presa per i fondelli e non cambia di una virgola la sostanza del problema. Aldo Brancher ha rinunciato oggi al legittimo impedimento, grazie alla ferma e decisa denuncia di Italia dei Valori e di tutta l’opposizione, ma potrà avvalersene domani, quando e come vorrà se le cose si metteranno male. Qualcuno pensa forse che, se le questioni giudiziarie dovessero volgere al peggio per lui, il neoministro rinuncerà di nuovo al legittimo impedimento, oppure avanzerà scuse, come consigli dei ministri, ordinari e non, che partiranno da settembre dopo la pausa estiva? Aldo Brancher è e resterà nella storia di questa repubblica il ministro al legittimo impedimento, nominato solo ed esclusivamente per sfuggire alle aule giudiziarie. La questione delle deleghe e delle competenze attribuite al neoministro, da dieci giorni al centro di un giallo degno della miglior Agatha Christie, sono la prova lampante di quale sia la vera ragione della sua nomina. Si sono dovuti mettere di buzzo buono ad inventarsi qualche competenza per Brancher. Hanno dovuto lavorare di lima nel weekend per evitare di fare il bis con le deleghe del ministro Bossi prima e quelle di Fitto dopo. Sta di fatto che dopo dieci giorni sono nel marasma più totale. Aldo Brancher è il ministro inutile di un ministero inesistente. Per queste ragioni, Italia dei Valori valuterà insieme a tutte le opposizioni una mozione di sfiducia unitaria, fermo restando che andremo avanti anche da soli qualora il Pd non mantenga la sua disponibilità alla mozione di sfiducia. Sono convinto che questa mozione sarà il banco di prova per molte cose. Capiremo se la Lega vuole davvero un federalismo pulito che porti efficienza, o se ha intenzione di farne un vuoto slogan. Se i finiani hanno davvero una visione diversa della democrazia, della legalità e del decoro delle istituzioni. Se l’Udc e Casini sta all’opposizione davvero oppure, come siamo convinti da tempo, è la quinta colonna della maggioranza.

MASSACRATI PERCHE' INVISI AL PALAZZO

  L’iscrizione di Di Pietro nel registro degli indagati per la denuncia di Veltri, relativamente alla gestione del finanziamento pubblico di IdV, si gioca su due diversi piani, uno giudiziario e uno politico. Quello giudiziario si liquida con una parola sola: una fesseria. Il bilancio di IdV è il più controllato del mondo: la Corte dei Conti, svariate procure, il Tribunale civile di Roma in sede cautelare, il servizio contabile della Camera dei Deputati, l’Agenzia delle entrate e persino il ministero dell’Economia hanno in molteplici occasioni ribadito l’assoluta correttezza e trasparenza nella gestione dei fondi pubblici da parte del nostro partito, respingendo tutte le denunce presentate contro di noi. Quello che conta nella presente vicenda, come dovrebbe essere evidente a tutti, è il piano politico.  E’ qui che si sta giocando la  vera partita. Una partita giocata con toni e modi diversi da politici e giornali di maggioranza e di opposizione ma, all’evidenza, con la stessa finalità. Hanno cominciato i giornali-megafono di Berlusconi, arrivando addirittura ad inventare un teorema che, nel suo delirio, è di una diabolica semplicità. Il teorema suona più o meno così: “Visto che tutti i giudici attaccano Berlusconi e lo vogliono condannare è evidente che è un perseguitato e che quindi è innocente. Al contrario, siccome non si riesce a trovare nemmeno un giudice  che condanni Di Pietro, significa che Di Pietro è colpevole ma viene assolto solo perché è in combutta con i giudici”.Al di là del teorema, il messaggio di questi giornali è comunque di un candore desolante e si riassume bene nel titolo di ieri de il Giornale “Così impari”. E’ un messaggio, neppure tanto velato - subito ripreso dagli zerbini parlamentari di Arcore - che suona come una minaccia di stile vagamente mafioso: “Hai visto caro Di Pietro che a scoperchiare la fogna d’Italia, fatta di corruzione, cricche e tangenti, poi va a finire che ti ritrovi nei guai pure tu?”. La cosa grave è che lo stesso ragionamento lo si ritrova in molteplici dichiarazioni ed editoriali di politici e giornalisti di opposizione. Come Follini quando dice “Non applico il dipietrismo a Di Pietro”. Come Casini, quando dice “Di Pietro è quello senza peccato, pronto a scagliare la prima pietra. Se fossi in lui, io mi terrei le mani legate invece di scagliare la prima pietra, quella che poi ti ricade sulla testa”, amplificate dal silenzio assordante del Partito Democratico.Il punto è tutto qui. In un sistema politico dove per cent’anni di fronte alle malefatte della Casta la regola è sempre stata l’omertà, soprattutto se le malefatte venivano dalla propria stessa parte politica, un partito come Italia dei Valori che non guarda in faccia a nessuno, che quando vede il marcio lo denuncia, è e resterà sempre intollerabile per l’intera classe politica italiana.  

PD SCELGA: O IDV O UDC

CasiniCasini

In questa disastrosa politica che ha caratterizzato il ventennio Berlusconi, c’è un’unica nota positiva, l’uscita, cioè, dalla palude della Prima Repubblica, quel mare di fango in cui i governi nascevano e morivano a tavolino, quell’accozzaglia di forze politiche in cui non esisteva opposizione. Tutto questo ha un nome e si chiama bipolarismo. Ora l’atteggiamento di Casini è ben chiaro: non è un caso che l’Udc attacchi sistematicamente le due forze politiche più marcatamente bipolari, l’IdV da un lato e la Lega dall’altro, le uniche che davvero non vogliono gli inciuci, non accetterebbero mai un ritorno alla palude del consociativismo, a quell’acqua stagnante nella quale tutti insieme si decide e si governa. Distruggere il bipolarismo, dunque: ecco qual è l’intento dell’Udc e lo scudo crociato non fa nulla per celarlo, facendo leva sul fatto che il bipolarismo è quello muscolare, rancoroso, violento di questa seconda repubblica. Sono convinto, però, e Casini lo sa bene, che il bipolarismo virulento nei toni e nelle parole, finirà con Berlusconi, perché con Berlusconi tramonterà in questo paese l’odio generato dal terribile miscuglio di conflitto d’interessi, di strapotere economico, di controllo mediatico, finirà, insomma, tutto ciò che ha fatto della democrazia italiana una sorta di pantomima. Il gioco di Casini è palese: conscio del fatto che, finita l’era Berlusconi, in Italia tornerà il bipolarismo normale, quello fatto da due coalizioni che si confrontano, tenta di prevenire il pericolo. Ecco perché ritengo sia indispensabile, in questo momento sconfiggere, al pari del berlusconismo, il casinismo (nomen omen), che è soltanto l’ultimo rigurgito della palude democristiana che ha portato a Tangentopoli e a Mani pulite. Le ultime parole del leader dell’Udc, per quanto mi riguarda, devono segnare  per l’opposizione un punto di non ritorno, trattandosi di un attacco indegno e incivile. Non è possibile costruire il dialogo con chi ci dà degli sciacalli. La mia proposta, dunque, è che l’Italia dei Valori ponga al Pd la necessità di scegliere tra noi e l’Udc nelle giunte in cui attualmente governiamo insieme. Non si tratta di una vendetta, ma dell’unico modo che abbiamo per difendere il valore del bipolarismo. La politica dei due forni si sconfigge in un modo solo, rendendo inaccessibili i due forni a mercenari, transfughi e profughi. E’ ora che i due fornai dicano basta al camaleonte Casini, che fino al momento li ha trovati sempre disponibili. Ecco perché domani stesso all’Ufficio di Presidenza di Italia dei Valori proporrò che il Pd venga messo di fronte ad una scelta in tutte le amministrazioni locali dove l’IdV governa insieme con l’Udc: o noi o loro. In gioco c’è la difesa del bipolarismo.

NON FACCIAMO CASINI

CasiniCasini

Un governo di salute pubblica. Certo, bisogna ammettere che nei titoli Pier Ferdinando Casini ci sa fare. Riesce sempre a trovare nomi molto suggestivi a idee che definire strampalate è poco. Strano che l’abbia fatto ieri che era il 9 maggio. Di solito, Casini, perfetto erede della scuola Dc, spara queste idee meravigliose ad agosto,  quando il dibattito politico langue, per via dell’afa ferragostana, e serve uno scossone di quelli utili, però, a inchiostrare i titoli dei giornali del giorno dopo. La salute che ha in mente Casini, in realtà, è quella sua, non certo quella dell’Italia. Perché si dovrebbe, secondo il leader dell’Udc, dar vita ad una mostruosità del genere? La spiegazione è kafkiana. Un governo di salute pubblica è l’unica via d’uscita, secondo il leader dell’Udc, all’egoismo dei partiti i quali, per interessi personalistici e di bottega, non metteranno mai da parte il proprio tornaconto personale, per fare le riforme che servono al Paese. Se Casini riflettesse anche solo per un istante su questo, capirebbe da sé che Kafka gli fa un baffo. Casini è palesemente affetto dalla sindrome dei due forni, quella rara malattia che, per via di uno stato di coscienza alterato da una concezione ipertrofica di se stessi, lo porta a non guardare oltre il suo naso e a confondere il bene della nazione con quello del suo orticello personale. Solo chi non ha davvero a cuore l’interesse del paese ma il proprio tornaconto personale può pensare di tirare fuori dal cassetto una ricetta che puzza di naftalina e di vecchi arnesi lontano un miglio. Pensare ad una soluzione del genere, antiquata ed anacronistica, significa non solo tradire gli elettori ma svuotare di senso la democrazia, che si fonda su un parlamento e su una maggioranza democraticamente eletti e che, finché ci sono, hanno il diritto ma soprattutto il dovere di governare e di fare le riforme. Se vengono meno governo e maggioranza, non ci sono governi ogm da costruire in laboratorio, o nelle segrete stanze dei palazzi. Ci sono nuove maggioranza da stabilire chiamando i cittadini ad esprimere la loro preferenza. I trucchetti per tenersi la poltrona o averne una più grande e comoda non fanno rima con democrazia.

COSA HA NELLA TESTA BERSANI?

Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, dopo la rottura tra Fini e Berlusconi, compie la svolta. Parte il cantiere per l’alternativa di Governo. Obiettivo dichiarato, individuare 10 proposte al Paese. Ribadisce il no al dialogo con Berlusconi – almeno questo, benvenuto tra noi! – e propone un patto repubblicano a tutti, nessuno escluso. Un patto repubblicano all’Udc di Casini, all’Api di Rutelli e Tabacci ed al presidente della Camera, Gianfranco Fini. Ora, per carità, ho avuto ed ho il massimo rispetto per il percorso avviato dall’ex leader di An, di cui condivido per altro alcune visioni e sensibilità, ma rimane, e non ha mancato di ribadirlo anche in questi giorni, uomo di una parte politica ben precisa che ha valori e riferimenti ben diversi da quelli della sinistra. Ora, le cose sono due: o nel Partito democratico regna una grande confusione, e la scelta di dare fiato alla rivolta interna al Pdl e alle manovre finiani ne è l’evidente sintomo preoccupante, o il segretario del Pd si è messo in testa di costruire un nuovo centrodestra, perché questo sarebbe né più né meno. Poi si arrabbia quando lo accusano di avere la mania delle strategie nelle alleanze.  Se almeno ci fosse un po’ di coerenza, sarebbe già tanto. Non ha mancato di sottolinearlo oggi, attraverso un’intervista sul Corriere della Sera, anche Debora Serracchiani. Ora, apprezzo la chiarezza con la quale è solita parlare l’europarlamentare del Pd e segretario regionale del Friuli-Venezia Giulia, ma ci voleva tanto a capire che non si può proporre ogni giorno agli elettori del centrosinistra una coalizione diversa? Prima l’alleanza con l’Udc, ora il patto repubblicano ad Api, Pdl- Fini: a quando un centrosinistra moderno e riformista, che sappia coniugare crescita e solidarietà non solo a parole?