Taggati con: scajola
IL VUOTO DI UN MINISTERO E LO STRAPOTERE DI TREMONTI




L'ESTREMA UNZIONE AL GOVERNO MORITURO




LE API DI RUTELLI? RONZANO MA NON PUNGONO




BERLUSCONI MOLLI L'INTERIM
Dopo mesi di sollecitazioni al governo, di interrogazioni e atti parlamentari, ieri, con il mio collega al Senato Felice Belisario, ho scritto una lettera aperta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, auspicando un suo intervento autorevole per risolvere una grave anomalia politica, l’assenza di un ministro allo Sviluppo Economico.
Ill.mo Presidente Giorgio Napolitano,
ci rivolgiamo a Lei come Capo dello Stato e garante della Costituzione, consapevoli della grande e costante attenzione con cui segue le vicende politiche ed i problemi sociali ed economici del nostro paese. Intendiamo, con questa lettera aperta, portare alla sua attenzione la nostra preoccupazione per la perdurante assenza di un ministro per lo Sviluppo Economico. Riteniamo che, in una difficile fase di crisi come quella che stiamo attraversando, questo delicatissimo dicastero, strategico per il rilancio dell’economia italiana, meriti di essere gestito a tempo pieno e non con un interim che ormai prosegue dal lontano 5 maggio, giorno successivo alle dimissioni di Claudio Scajola. Da quella data, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi mantiene l’incarico ad interim del ministero per lo Sviluppo Economico, nonostante le numerose rassicurazioni sulla durata del tutto transitoria del mandato. Non intendiamo in questa sede sollevare la questione del conflitto d’interessi, anche se riteniamo del tutto inopportuno che Silvio Berlusconi mantenga ulteriormente la responsabilità di questo ministero che ha, tra l’altro, anche ampie competenze in materia televisiva e di telecomunicazioni. Scriviamo per rappresentarLe il nostro profondo disagio per questa situazione che, con l’approssimarsi della pausa estiva dei lavori parlamentari, corre il rischio di protrarsi per altri mesi. Riteniamo che la situazione vada affrontata con urgenza perché si tratta di un problema grave che penalizza pesantemente la nostra economia, già duramente provata. Siamo certi che la questione sia per Lei una priorità e riteniamo che un Suo autorevole intervento possa essere decisivo per superare questa fase per noi anomala.
Massimo Donadi Felice Belisario
Oggi il Presidente, nel corso della cerimonia del Ventaglio, tradizionale appuntamento con la stampa parlamentare ha detto: "L'istituzione governo non può ormai sottrarsi a decisioni dovute, come quella della nomina di un titolare del ministero dello Sviluppo Economico o del presidente di un importante organo di garanzia quale la Consob”. Parole nette, che non devono cadere nel vuoto. E soprattutto una grande soddisfazione per l’Italia dei Valori, nonostante l’ostruzionismo e la censura di gran parte dei media. Riteniamo l’azione di moral suasion di Napolitano anche una nostra vittoria, perché immediatamente successiva alla nostra lettera aperta. Ora Berlusconi non ha più alibi. Il ministero dello sviluppo economico è una cosa seria, non è una poltrona da offrire come se si stesse vendendo un frigorifero, come fece tempo fa con Emma Marcegaglia all’assemblea di Confindustria. Una scena pietosa, imbarazzante. “Chi dice di sì alzi la mano…nessuno dice sì?”. Che vergogna, che scena indegna di un Paese civile e democratico. Il ministero dello sviluppo economico non è neanche una merce politica di scambio per tenersi buono questo o quel partito. E’ un dicastero strategico, fondamentale per rilanciare l’economia e la produzione in un momento di crisi. Naturalmente non abbiamo la convinzione che Berlusconi ascolti Napolitano perché gli interessi del Paese non sono i suoi. Anzi, configgono. Il ministero dello Sviluppo Economico ha un ruolo fondamentale nell’assegnazione delle frequenze sul digitale terrestre ed il conflitto d’interessi del premier è evidente ed enorme. Ad aggiudicare i multiplex sul digitale terrestre che l'Italia deve assegnare per evitare la sanzione dell'Europa, infatti, sarà proprio questo ministero. E sky sarà la principale concorrente di Mediaset. L’interim di Berlusconi non è solo un impaccio alla ripresa perché manca un ministro a tempo pieno, ma anche una intollerabile violazione dei principi democratici e delle regole di concorrenza. Mi auguro che le parole di Napolitano non cadano nel vuoto, anche se non ne sono sicuro, visto che Berlusconi non ha mai mostrato rispetto per le istituzioni e le regole della democrazia. In ogni caso la nostra battaglia proseguirà, se necessario anche rivolgendoci all’Authority competente o all’Europa.



DIAMO A CESARE QUEL CHE E’ DI CESARE
Diamo a Cesare quel che è di Cesare. Chi è Cesare? A quanto pare è lui, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, il quarto dei tre pensionati sfigati, Pasquale Lombardi, Flavio Carboni e Arcangelo Martino che, a quanto risulta dai verbali dei carabinieri, invece di dedicarsi ad una partita di briscola o tresette, tessevano trame oscure per ottenere nuove leggi, poltrone di prestigio, nuovi incarichi, sovvertimenti di risultati elettorali, finti dossier e chissà cos’altro e quant’altro. Quanto basta per parlare a buon titolo di una rete politico-affaristica tesa a minare la sicurezza e la stabilità delle istituzioni. Per il momento, come nei dieci piccoli indiani, ad una ad una saltano le teste di ministri e sottosegretari di chi in questa fitta rete, o in altre più o meno avvezze al malaffare, secondo le accuse dei magistrati, ci sguazzava a piacimento anzi ne era fautore e promotore. Prima Scajola, poi Brancher e oggi Cosentino. A dirla tutta, sono state tutte e tre dimissioni “spintanee”, sotto i colpi delle mozioni di sfiducia di Italia dei Valori. Se non ci fosse stata la nostra caparbietà e determinazione nel chiedere la testa di questa triade, probabilmente sarebbero ancora incollati alle loro poltrone. Curiosi Scajola, Brancher e Cosentino. Di fronte alle accuse dei magistrati, sono come le tre scimmiette: non vedono, non sentono, non parlano. Ora, tutti e tre questi signori, Scajola, Brancher e Cosentino, non passavano di lì per caso. Sono stati scelti dal premier e da lui investiti di ruoli prestigiosi, ai vertici del governo di questo Paese. Per di più, oggi scopriamo che Cesare è lo pseudonimo utilizzato dai tre allegri pensionati per riferirsi al presidente del Consiglio. Ghedini smentisce i carabinieri dicendo che l’accusa è inveritiera e ridicola. La magistratura sta valutando con attenzione il rapporto dei carabinieri. Staremo a vedere. Certo è che emerge con chiarezza non solo un quadro torbido ed oscuro che avvolge questo governo ogni giorno di più ma l’enorme responsabilità politica del presidente del Consiglio. Per questo, noi diciamo che Berlusconi deve andare a casa e sfiduceremo l’intero governo. Diamo a Cesare quel che è di Cesare: una onorata pensione, da trascorrere magari in una delle sue tante ville da nababbo. Così, tra una partita a tresette e una a briscola, avrebbe anche il tempo di affrontare i suoi processi.



CHI E’ CORROTTO DEVE FARE LA VALIGIA
Questa mattina ho partecipato a “Repubblica tv”, dove ho ribadito la mia proposta di istituire una commissione parlamentare d’inchiesta, da affiancare e non sovrapporre a quella della magistratura, per far luce sul sistema gelatinoso degli appalti ed degli intrecci perversi tra affari e politica. Perché una commissione parlamentare d’inchiesta? Sono convinto che ha ragione l’on. Bocchino quando dice che non è alle porte una nuova Tangentopoli. Una nuova Tangentopoli, infatti, non è alle porte, è entrata comodamente in casa e si è seduta sul divano. Non è certo entrata in casa del signor Mario Rossi, che ogni mese paga la sua bella rata di mutuo e porta avanti con sacrificio tutta la famiglia. Non è entrata in casa della signora Maria Bianchi che la casa se l’è comprata con i sacrifici di una vita, cui non è capitata la fortuna che qualcuno, a sua insaputa, le abbia pagato metà appartamento vista Raccordo Anulare. E’ entrata nelle case dei vip, nei condomini di lusso, negli ammezzati e negli attici della Roma che conta. E’ entrata nelle stanze del potere e in quelle dei bottoni e, in cambio di milioni di euro a vantaggio dei soliti imprenditori che si sono aggiudicati appalti milionari, ha distribuito prebende e favori ad alti funzionari di Stato e ministri. Qui non siamo più di fronte a fatti personali, a persone che si sono lasciate corrompere. Non siamo più solo di fronte ad un imprenditore, Anemone appunto, che ha fatto affari con le emergenze della protezione civile. Siamo di fronte ad un vero e proprio sistema, ad una cricca, composta da imprenditori senza scrupoli e funzionari disonesti che hanno gestito il sistema degli appalti pubblici in una situazione di totale anormalità rispetto alle regole del libero mercato. Le indagini stanno rivelando un imprenditore i cui tentacoli sono arrivati fino ai piani alti della pubblica amministrazione. E’ per questo che ribadisco la necessità di una commissione che indaghi a tappeto sulle rendite patrimoniali, bancarie e finanziarie di tutti i ministri che si sono succeduti dal 2001 ad oggi. Difficile che ciò accadrà mai. Questo governo è diviso ormai in fazioni, assorbito da una parte dalle leggi ad personam di Berlusconi dall’altra da quelle della Lega, ovvero, quel federalismo che non nascerà mai, mentre ci vorrebbe un Governo forte capace di portare l’Italia fuori dalla crisi. O si mettono al lavoro con senso di responsabilità o è meglio tornare al voto.



E' IN ARRIVO UNA SECONDA TANGENTOPOLI
C’è una questione morale grande come una casa e loro pensano a spartirsi le poltrone. Il problema del giorno non è come affrontare una corruzione endemica, che si rivela ogni giorno di più a macchia d’olio e che coinvolge in maniera trasversale un’intera classe politica e dirigente, nell’esercizio delle sue funzioni pubbliche. Il problema non è capire perché, dopo Scajola, ora salta fuori il nome dell’ex ministro delle Infrastrutture di Berlusconi, Pietro Lunardi che, in cambio di non si sa ancora bene quali prebende, si sarebbe fatto ristrutturare la villa di campagna dal re degli appalti Anemone. Il problema è non è capire perché Scajola dice di non poter vivere in una casa pagata da Anemone e Lunardi di non conoscere lo sbrigafaccende di Anemone e Balducci che aveva, però, frequentazioni quotidiani con sua figlia. Il problema non è capire fino a dove si è spinta la cricca, fino a quali livelli dello stato e delle istituzioni si è insinuato questo sistema politico-economico di fare affari in maniera spregiudicata e per tornaconto personale. Il problema del giorno è chi riesce ad accaparrarsi il ministero dello Sviluppo economico, lasciato libero da Scajola, o quello dell’Agricoltura, che la Lega rivorrebbe per sé. Alla fine della fiera, è tutta una questione di poltrone e di gestione del potere. Per Berlusconi, il problema non è la corruzione, che costa agli italiani 60 milioni di euro, ma i giudici che fanno le indagini. C’è una maggioranza allo sbando, immobile, un Parlamento che non fa niente, se non attendere e poi subire passivamente provvedimenti sciagura come il ddl intercettazioni. C’è una classe politica che, nell’esercizio delle sue funzioni, ha ricevuto attenzioni particolari dalla cricca Anemone-Balducci&co in cambio di non si sa bene quali favori, ha costruito una ragnatela di potere politico-economico che fa impallidire, in confronto, la vecchia Tangentopoli e il presidente del Consiglio che fa? Parla di congiure e complotti, di magistrati politicizzati e a nascondere la corruzione sotto al tappeto. Ci vorrebbe una rivoluzione dei valori, della legalità, dell’etica e della morale. Questo è una paese da rovesciare come una calzino. E’ una paese che ha bisogno di una nuova classe dirigente che metta al primo posto servire i cittadini, e non servire i proprio tornaconti personali. Italia dei Valori è pronta a farlo.



MOBILITIAMOCI: NO AL DDL INTERCETTAZIONI
Non aspettiamo l’ultimo momento per mobilitarci. Mentre il Paese attende i risultati delle indagini della magistratura sulle inchieste che stanno esplodendo in questi giorni, il governo sta procedendo a tappe forzatissime verso l’assoluzione finale, ovvero, l’approvazione delle legge sulle intercettazioni. C’è una cosa che deve essere chiara a tutti: questa di Scajola sarà l’ultima vicenda di cui gli italiani potranno leggere e che i giornalisti potranno raccontare. Con la nuova legge sulle intercettazioni, se un politico avrà commesso un reato, sapremmo solo se, alla fine delle indagini, è stato arrestato ma non potremmo mai sapere perché, di quale reato si è macchiato. Un po’ quello che, in realtà, il Tg1 di Minzolini sta tentando di fare da tempo. Solo che da domani sarà legge e tutti dovranno attenersi ad essa, pena la decapitazione economica e finanziaria. La legge sulle intercettazioni è la soluzione finale sognata da Berlusconi per risolvere la piaga della corruzione in Italia: mettere il bavaglio alla stampa e legare le mani alla magistratura. Se nessuno sa che un reato è stato commesso il reato non c’è. E’ la prima regola del berlusconismo che abbiamo imparato sulla nostra pelle: se non ci sei, non esisti. Di fronte a tutto questo, non dobbiamo stare ad aspettare. Non dobbiamo subire, per l’ennesima volta, piegando la testa. Di fronte ad una legge che non solo bloccherà le intercettazioni ma, quel che è peggio, fermerà per sempre qualsiasi notizia relativa a procedimenti giudiziari, dobbiamo prepararci già da adesso. Sindacati, associazioni, politici, cittadini, giovani, donne, pensionati, tutti quelli che hanno a cuore la tenuta democratica di questo Paese, scendano in piazza per mettere in piedi la più grande mobilitazione di popolo che si sia mai vista negli ultimi 20 anni. Quella delle intercettazioni, insieme alle altre progettate da Berlusconi, sono norme che prendono l’Italia, la tolgono dall’Europa e la sbattono in qualche staterello del sud est asiatico. Portiamo il Paese in piazza. I sindacati proclamino una giornata di sciopero nazionale e noi saremo con loro. Si chiudano le saracinesche dei negozi, l’Italia si fermi per un giorno: a chi vuole toglierci l’ultimo spiraglio di verità che ci rimane, facciamo sentire i palpiti dei nostri cuori uniti.



QUANTI ALTRI OLTRE A SCAJOLA?
Oltre a Scajola, chi? E’ questa la domanda che da stamattina mi frulla in testa. Fino a ieri, come la maggior parte degli italiani, pensavo che Anemone&Co, la cricca di costruttori spregiudicati e disonesti, che, in cambio di soldi e sesso, avevano corrotto funzionari pubblici, come Balducci, il gran commis delle opere pubbliche, riguardasse solo la partita delle protezione civile, della opere pubbliche e che, al massimo vi potesse essere coinvolto Bertolaso. La vicenda Scajola dimostra, invece, che il marcio è molto più esteso e che risale indietro nel tempo, almeno al 2004. E’ da allora, infatti, che Anemone è su piazza. E’ da allora che il costruttore senza scrupoli agisce. E’ da allora che il suo “benevolo interessamento” si è rivolto anche ai piani alti dei ministeri. Se, oggi, scopriamo che il costruttore Anemone, nel 2004, ha comprato la benevolenza dell’allora ministro degli Interni Scajola, uno dei più ministri più potenti, a quanti altri ha fatto favori, considerando che ogni ministero concede appalti? La domanda è devastante e, se fossimo in un paese normale, dovrebbe ossessionare tutti, giornalisti e politici compresi. Non siamo più di fronte alla cricca dell’Aquila ma ad una sistema organizzato che agisce da anni e che da tempo concede “attenzioni particolari” ai potenti di turno in cambio di favori. Allora, chi e quali sono i gangli fondamentali dello stato che sono stati “oggetto di attenzione” da parte di questa banda di furbetti senza scrupoli? Se dovessimo scoprire che le metastasi della corruzione fossero molto più estese di quanto pensiamo, verrebbe meno non solo questa maggioranza e questo governo ma il senso stesso dello stato. E’ per questo che ieri ho pensato di proporre una commissione parlamentare d’inchiesta che abbia gli stessi poteri della magistratura e che indaghi a tappeto sulle rendite patrimoniali, bancarie e finanziarie di tutti i ministri che si sono succeduti dal 2001 ad oggi. Poi ho riso tra me e me, pensando all’ostilità che tale proposta troverebbe sul suo cammino, tanto a destra quanto a sinistra. Così ho deciso di rivolgermi a voi. Premesso che la commissione parlamentare d’inchiesta sarebbe l’unico strumento per fare chiarezza, per capire fino a che punto le metastasi della corruzione si è estesa, pensate sia meglio lasciar perdere o che comunque valga la pena portare la proposta in Aula? Io credo che ne valga la pena, se non altro per ascoltare, divertiti, le motivazioni con le quali arrampicandosi sugli specchi direbbero tutti di no. Io credo che varrebbe la pena farlo, se non altro per vedere l’effetto che fa.



FUORI SCAJOLA. E FITTO E COSENTINO?
Le dimissioni del ministro Claudio Scajola erano un atto dovuto. Per questo, Italia dei Valori le ha chieste sin dall’inizio ed ha presentato una mozione di sfiducia. Dimettersi era un atto politico dovuto. Claudio Scajola è un uomo pubblico che deve rispondere ai suoi elettori non di eventuali reati, a quello penserà la magistratura, ma dei suoi comportamenti pubblici, in onore di quell’etica della responsabilità che deve appartenere a chi riveste un ruolo importante nelle istituzioni. Deve spiegare tante cose l’ex ministro dello Sviluppo economico e prima lo farà meglio sarà per tutti. Deve spiegare, e deve farlo pubblicamente, perché nell’atto notarile risulterebbe che ha acquistato una casa per una cifra totale di 600 mila euro e perché la cricca degli appalti avrebbe versato per lui il resto, ovvero 900 mila euro in 80 assegni bancari. Meglio sarebbe stato se il ministro Scajola si fosse dimesso un minuto dopo la pubblicazione delle prime notizie. Avrebbe evitato le patetiche interviste sui quotidiani dove più che dare spiegazioni compiva delle vere e proprie arrampicate libere sugli specchi. Per una volta in questo strano paese è scattato quello che, di solito, da noi non scatta mai e che invece scatta subito nelle altre democrazie europee: allontanare chi tiene o ha tenuto comportamenti discutibili o poco trasparenti. Ora la domanda che mi frulla in testa è: perché Scajola sì e Fitto e Cosentino no? Cosa c’è di diverso? Perché nel Pdl la molla delle dimissioni è scattata solo per il ministro dello Sviluppo economico? O la vicenda che lo riguarda è molto più oscura di quanto si possa immaginare, ma questo non spaventerebbe certo un presidente del Consiglio accusato di corruzione. Oppure, Berlusconi ha chiesto la testa di Scajola da sacrificare sull’altare della lotta intestina con Fini. Propendo per la seconda ipotesi. Sarebbe stato intollerabile per il premier subire una lezione di stile e moralità, l’ennesima negli ultimi giorni, dal presidente della Camera Gianfranco Fini. Staremo a vedere cosa succederà nei prossimi giorni. Se il governo fa sul serio, porterà il ddl anticorruzione in discussione in parlamento nei prossimi giorni. Se, invece, come pensiamo è la solita sceneggiata, Scajola starà da parte per un po’ e poi risorgerà, come la Fenice, dalle ceneri. Più gagliardo che mai.



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