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C'ERA UNA VOLTA LA POLITICA

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 C'era una volta la politica, quella basata sul confronto, sulla discussione, sulle diverse proposte ed ovviamente sullo scontro, la polemica, la divergenza di opinione tra schieramenti. Il tutto entro i limiti della pubblica decenza, di una coerenza di vedute alla base di ogni posizione, del rispetto delle istituzioni e degli elettori.C'è oggi  una politica che ha smarrito non solo la dignità di quella con la P maiuscola, cosa che è accaduta ormai da tempo, ma anche quel minimo di decoro e civiltà che le sono indispensabili. Mi riferisco allo spettacolo che è andato in scena sulle pagine dei giornali in questo agosto singolare sotto il profilo dell'attivismo politico, ma non solo. Una sorta di horror show, una politica che ha definitivamente gettato la maschera per mostrarsi in tutto il suo orrore, una politica avvilita, che è arrivata a mostrare con spudoratezza le sue vesti peggiori.Oggi ne abbiamo un esempio lampante, con lo scontro tra Udc e Lega. Il senatur che definisce Casini "trafficone" e poi "stronzo" si commenta da sé e alimenta l'idea che si sia superata la soglia della decenza nella polemica. E' come se ogni remora  si fosse smarrita, ogni minimo rispetto per la solidarietà di schieramento fosse stato ignorato e oltrepassato, lasciando spazio ad un dibattito che fa vergognare di essere italiani. Tutto è iniziato con la lapidazione mediatica di Fini, un'operazione che ha dell'incredibile e che vede, però, un presidente della Camera che, pur facendo della questione morale il suo cavallo di battaglia, non ha ancora chiarito la propria posizione. Da lì la bruttura della politica non si è mai fermata, con una Lega a cui non importa nulla di nulla e vuole solo andare ad elezioni, con l'Udc che fa il gioco delle tre carte, accomodandosi su tre tavoli, con un premier che grida al golpe nel momento in cui vede vacillare la propria maggioranza e subito dopo ignora ogni logica di coalizione tentando di sostituire Fini con Casini. Ma l'horror show non finisce qui, la mancanza di coerenza prende sempre più piede, con il camaleontico Silvio che, dopo le pesanti asserzioni sulla paura della sinistra di andare al voto, sul timore di votare del vecchio fedele alleato, ora nemico numero uno Fini, dopo le pesantissime accuse a Napolitano che frenava sul voto anticipato, di punto in bianco, dice che preferisce non votare, spiazzando un elettorato che probabilmente non sa più cosa pensare, forse solo perché i conti in casa Pdl non tornano più e non assicurano la vittoria.In un quadro politico così desolante, oltre e forse ancor prima dell'augurio che il Paese possa riavere al più presto una guida seria che rispetti gli interessi della collettività più che i propri, la speranza è che che la politica possa ritrovare quella dignità che dovrebbe contraddistinguerla e che è fondamentale per la pretesa di rispetto da parte degli elettori, perché questa, la politica dell'horror show,  avrà fatto desiderare a chi è andato a trascorrere le ferie all'estero, di non tornare mai più in Italia.    

LO STRANO CASO DELL'AUTORIBALTONE

"La maggioranza non c'è più". Da un pò di tempo noi, come le altre opposizioni, lo affermiamo, per una sorta di semplificazione della comunicazione. In realtà la situazione è più complessa, e la realtà è addirittura eclatante: Berlusconi lavora all'autoribaltone. Questo caso non ha precedenti nella storia delle democrazie occidentali. Non abbiamo notizie di capi di governo che, a metà del loro mandato, con la più ampia maggioranza mai avuta nel parlamento per realizzare il programma, con un sistema dell'informazione amico, per non dire asservito, cerchino ogni pretesto per essere disarcionati. E' vero che c'è stato lo scontro con Fini ed i suoi, ma è anche vero che Fli non ha intenzione di abbandonare il governo. Chiede solo di potersi sedere con pari dignità politica rispetto a Lega e Pdl al tavolo della maggioranza. Berlusconi, invece, solo perché è nata questa nuova forza politica, vuole andare ad elezioni. Evidentemente i veri motivi che spingono il premier sono altri. La scandenza del federalismo, che sarà portato a compimento senza i soldi necessari, per cui la promessa di benefici per i cittadini, del Nord e del Sud, si rivelerà una bufala. E su questo dovrà fare i conti con la Lega. Berlusconi, poi, teme di essere azzoppato da una eventuale sentenza di condanna e sa che sul legittimo impedimento pende la pronuncia della Corte Costituzionale, che già bocciò il lodo Alfano. I conti dello Stato sono in rosso e la situazione economica è disastrosa, per cui a dicembre, nonostante le smentite, si prospetta una nuova manovra economica. Berlusconi, infine, non ha mai accantonato il sogno di salire al Quirinale e vorrebbe arrivare alla scadenza del mandato di Napolitano con un parlamento in grado di eleggerlo al Colle. Questi sono i veri motivi per cui Berlusconi vuole la crisi e dimostrano ancora una volta che non sarà mai uno statista. Continua a pensare solo ai propri interessi personali, infischiandosene dei reali problemi del Paese. Le imprese chiudono e si bruciano migliaia e migliaia di psoti di lavoro, ma le istituzioni sono inchiodate sui suoi interessi privati. Vuole che governo, parlamento, e organi dello Stato siano totalmente al suo servizio, dimostrando una concezione privatistica e cesaristica della democrazia. Altro che Fini, per questo cerca l'autoribaltone.

L'ESTREMA UNZIONE AL GOVERNO MORITURO

 Ho sempre pensato che Stato e Chiesa debbano essere ambiti indipendenti e distinti. Trovo, infatti, incomprensibili certi invasioni di campo della Chiesa nel dibattito politico e viceversa. Ritengo, invece, che alcune osservazioni e moniti che giungono Oltretevere debbano rappresentare un momento di doverosa riflessione per la politica, e viceversa. Ieri, Famiglia Cristiana, il settimanale dei paolini, ha pronunciato parole nette ed inequivocabili: l'opinione pubblica è disgustata dallo spettacolo poco edificante che, quasi ogni giorno, viene offerto da una classe politica che litiga su tutto, lontana dalla gente e impotente a risolvere i gravi problemi del Paese. La politica - continua il settimanale - non svolge la funzione che dovrebbe competerle. Un vuoto di leadership, un paese senza classe dirigente, uomini che hanno scelto la politica per sistemare se stessi e le proprie pendenze. Una politica smarrita, da cui non emerge un'idea di bene comune che permetta di superare divisioni ed interessi di parte, se non personali. Una politica, insomma, lontana dall'idea di Paolo VI come "una forma di carità verso la comunità, capace di aiutare tutti a crescere". Ebbene, io non credo non si possa non trovare parole condivisibili in questo giudizio del settimanale Famiglia Cristiana, per quanto severo. Occorre, però, fare alcune distinzioni e dare a Cesare quel che è di Silvio Berlusconi. Non credo ci sia modo migliore per fotograre gli ultimi quindici anni dell'attuale presidente del Consiglio. Gli ultimi quindici anni di vita di questo Paese, infatti, con brevissime pause, sono stati caratterizzati dalle leggi ad personam volute da Silvio Berlusconi, utili a sistemare appunto le sue pendenze giudiziarie. C'è una classe dirigente che Silvio Berlusconi ha portato al governo che continua a macchiarsi di comportamenti non esemplari, magari non rilevanti dal punto di vista penale, ma rilevantissimi dal punto di vista etico e della questione morale. Ricordo i casi dei sottosegretari Cosentino e Caliendo e quello del ministro Scajola, che ancora è in cerca di chi gli abbia dato una mano nell'acquisto dell'appartamento vista Colosseo con il modesto contributo di 900 mila euro. A tutto ciò, si aggiunge lo spettacolo offerto, in questi giorni, dal governo e dalla maggioranza, a dir poco squallido e poco edificante. Dopo aver passato due anni e mezzo ad ingolfare il Parlamento di leggi ad personam, ora sono invischiati in una lotta fratricida e in una spirale d'odio che rischia di trascinare il Paese con sè. Mentre loro litigano c'e' un paese che soffre, che deve fare i conti con una crisi economica spaventosa, che hanno volutamente ignorato per mesi senza mettere in campo uno straccio di riforma. C'è un paese smarrito ed una classe dirigente "inadeguata" a tirarlo fuori dalle secche. E' per questo che il monito di Famiglia Cristiana non può essere ignorato. E' un je accuse preciso ed inequivocabile all'attuale classe di governo. Sono arrivati al capolinea e non sono più in grado di governare il Paese. Quella di Famiglia Cristiana, dunque, è l'estrema unzione. La facciano finita con questo spettacolo indecoroso, dove ogni giorno Umberto Bossi alza il prezzo del biglietto, e si vada al voto. In gioco c'è il futuro di questo Paese.

GOVERNO, MORTO CHE CAMMINA

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Oggi si celebra la nascita del terzo polo o la fine della maggioranza? Agli attori in parte di questa nascita in commedia, Fini, Rutelli e Casini, lascio la risposta. Il genere al momento non mi appassiona. Quello che di sicuro oggi festeggiamo è la dissoluzione della maggioranza, ormai ridotta ad un corpo morto che cammina. Quanto andranno avanti in  queste condizioni? Difficile dirlo, mesi o forse settimane. Il tutto dipende dai protagonisti della diaspora, Fini da una parte e Berlusconi dall’altra, che decideranno di staccare la spina al governo quando lo riterranno più conveniente per se stessi. A Fini serve tempo, per costruire il partito sul territorio e prepararsi a nuove elezioni. Berlusconi, invece, guarda ai sondaggi e salirà al  nel momento in cui lo riterrà elettoralmente più proficuo. Una visione miope ed egoistica, in entrambi i casi. Certo il neo gruppo Futuro e Libertà non parte di slancio, anzi, si avvia con il piede sbagliato. La questione morale e la difesa dei valori della legalità non sono negoziabili e non si difendono ad intermittenza. Al di là dell’inchiesta giudiziaria che riguarda il sottosegretario Caliendo, e su cui ci auguriamo venga fatta piena luce, c’è una questione di etica pubblica grande come una casa, che va difesa sempre, senza se e senza ma, e sulla quale non si può prendere tempo. Al momento, il pallino dei numeri è nelle mani di Berlusconi, né esistono maggioranze alternative a questa o governi Tremonti all’orizzonte. Il segretario del Pd Bersani si è lasciato scappare una frase pericolosa e bene ha fatto a precisare poi il suo pensiero, augurandoci che sia buona la seconda. E’ tempo però che l’opposizione si dia la sveglia. Le pause di riflessione sono finite per sempre. Dobbiamo organizzarci, cominciare a lavorare da subito ad una casa comune, un progetto per modernizzare il Paese e lanciarlo nel XXI secolo. Noi di Italia dei Valori lo stiamo chiedendo da mesi, perché siamo i primi a voler tenere alta la bandiera del centrosinistra. Passare le giornate a pensare a scenari futuri, futuribili, impossibili ed irreali, a ciurlar nel manico con tatticismi snervanti è da fessi. E’ un altro il messaggio da mandare agli elettori, quello che il centrosinistra fa sul serio, si sta organizzando perché le prossime elezioni le vuole vincere.

FINI-BERLUSCONI: E’ RESA DEI CONTI SU CALIENDO

Re SilvioRe SilvioGli ultimi giorni dell'impero. E’ showdown tra Berlusconi e Fini. Mi arrivano delle voci (attendibili ed autorevoli) secondo cui il premier è pronto allo scontro finale con presidente della Camera. E la resa dei conti definitiva sarà sulla mozione di sfiducia a Caliendo presentata da noi e dal Pd, che sarà calendarizzata e discussa in Aula mercoledì. La situazione sembra essersi capovolta rispetto a qualche ora fa, quando i rumors dicevano esattamente il contrario. Se fino a qualche ora fa Berlusconi ed i suoi collaboratori erano convinti di dover aspettare l’autunno per cercare di rimettere insieme i cocci della maggioranza, ora pare che abbia prevalso la linea dei ‘falchi’. Magari nel tentativo di andare ad elezioni anticipate. Adesso il pallino è nelle mani della compagine finiana di Futuro e Libertà. Saranno loro a staccare la spina ad un governo che non c’è più o a tenerlo in vita ancora per un po’. Spetta a Fini decidere se cedere all’aut aut di Berlusconi e votare la fiducia a Caliendo o, al contrario, proseguire nelle battaglie di legalità e chiedere le dimissioni del sottosegretario. Se i finiani dovessero scrivere le parole ‘the end’ e mandare a casa un governo delle cricche travolto dagli scandali  guadagnerebbero, da avversari politici, la nostra stima per il coraggio, la coerenza e la determinazione con cui son riusciti a portare nel centrodestra la questione morale. Ma non solo: se votassero con noi la sfiducia a Caliendo, lo scenario politico muterebbe radicalmente. A quel punto potremo guardare con attenzione alle mosse future di una forza politica capace di porre concretamente il tema della legalità in Parlamento. L’era berlusconiana sta per finire e noi dovremo lavorare con chi ci sta per mettere mano a quella legge elettorale che di Berlusconi e del suo sistema di potere è fatta a immagine e somiglianza.

I MAFIOSI SONO CRIMINALI NON EROI

Dell'Utri - BerlusconiDell'Utri - Berlusconi

Surreality show. Nel Pdl si discute sulla figura di Vittorio Mangano. Per Marcello dell’Utri è eroe. Per Fini, giustamente, no. A volte storici ed intellettuali dibattono e si confrontano sulla statura di personaggi controversi. Altre volte è la politica a farlo e gli esempi non mancano. Ma questo caso è davvero singolare. Nel giorno della commemorazione di Paolo Borsellino, un eroe vero, nel partito di Berlusconi c’è chi vede in un mafioso pluriomicida addirittura una figura eroica. E’ il segno dei tempi. Della decadenza culturale provocata dal berlusconismo e della degenerazione della politica. Provate ad immaginare una situazione analoga negli Stati Uniti. Se un membro del Congresso americano vicino ad Obama definisse John Gotti un eroe, cosa succederebbe? Non scommetterei un centesimo sulla sua permanenza in Parlamento. E non molto di più su quella di Obama alla Casa Bianca. Mi chiedo come sia possibile essere finiti così in basso. C’è una parte del Pdl che ha coperto questo paese di fango, di melma mefitica. Malaffare, cricche, camorra, mafia. Un disgustoso intreccio tra politica, malavita e affari che ha avvelenato il senso civico della nazione. A questo punto l’indignazione non basta più ed è indispensabile affermare i valori di legalità e giustizia in ogni sede. In Parlamento come facciamo noi, certo, ma anche per la strada, nelle chiacchierate con gli amici, sul posto di lavoro. E’ una chiamata alle armi per un risorgimento civile e capillare, per ristabilire la verità dei fatti e chiamare le cose col loro nome. Un mafioso non è un eroe, un mafioso è un criminale.

GOVERNO TECNICO: SI O NO?

Le fibrillazioni all’interno della maggioranza aumentano giorno dopo giorno. Ormai tra Berlusconi e Fini è guerra aperta. La maggioranza, intesa come coesione e condivisione di un progetto, non c’è più ma non per questo il governo cadrà, o comunque, cadrà subito, perché il governo Berlusconi non è mai stato tenuto insieme da un progetto politico ma solo da interessi e ricatti reciproci tra Berlusconi e Bossi. Per questa ragione, anche se una caduta del governo è, a questo punto, possibile non la ritengo all’ordine del giorno. Tuttavia, l’ipotesi che questo governo cada e che ad un certo punto della legislatura si profili il bivio tra l’immediato ritorno alle urne ed un governo “tecnico a tempo”, non può più essere esclusa. Come io la penso sui governi tecnici e sulle maggioranze trasversali lo dico, credo, con chiarezza, nell’intervista rilasciata ieri a “Il Fatto quotidiano” che riporto di seguito. Credo tuttavia che tra un principio generale ed astratto e la valutazione di un caso concreto ci debba stare in mezzo un’attenta valutazione. Lo chiedo dunque a voi: tra elezioni immediate, con questa legge elettorale e con questa Rai, e con Berlusconi dall’altra parte,  ed un governo tecnico che, in un anno e mezzo cambi la legge elettorale, approvi una seria legge sul conflitto di interessi, cancelli le leggi ad personam e deberlusconizzi la Rai (come auspicava ieri Flores d’Arcais dalle colonne de il Fatto) cosa dovrebbe fare Italia dei Valori, sapendo che un simile, per quanto ipotetica, maggioranza non potrà mai fare a meno dei numeri dell’Udc e dei finiani? Fatemi sapere cosa ne pensate.

Ecco l'intervista al "Fatto Quotidiano".

Nessun Governo tecnico e nessun accordo con pezzi dell’attuale maggioranza. Massimo Donadi, capogruppo Idv alla Camera, non è d’accordo con la proposta del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani (“Se il Governo non ce la fa, dobbiamo pensare a qualche altra ipotesi”).

Onorevole Donadi, il governo è arrivato al capolinea? Non credo, anche se il conflitto tra Fini e Berlusconi è vero e profondo. Il premier è un corruttore a tutti i livelli, e quindi anche della politica. Dunque, se dovesse rompere con Fini, userebbe le armi della persuasione per ridurre le perdite dei parlamentari. Non vedo crisi dietro l’angolo.

Allora la maggioranza tiene? Non vedo una sua deflagrazione. Ma è evidente che si sta avvitando su se stessa ed è in uno stato sempre più confusionale. Ma la crisi di questa maggioranza  non significa crisi di governo.

Bersani ha dichiarato che bisogna pensare  a qualche altra ipotesi se il governo non ce la fa, tendendo la mano a Lega e finiani. Voi siete d’accordo? Crediamo che oggi il centrosinistra farebbe bene a ricostruire il suo fronte, che è sfrangiato e frantumato. Individuiamo la nuova leadership del centrosinistra, ma senza inseguire Fini, l’Udc o altri. Con le manovre di Palazzo il consenso che si ottiene è inesistente. Per questo c’è una grande perplessità dell’IdV di fronte a questo tipo di progetti.

Quindi non entrereste in un governo tecnico? I governi tecnici, per quanto ci riguarda, spesso sono antidoti peggiori del male. Oggi pensiamo che si debba rimettere in campo un progetto vincente, invece di inseguire progetti di maggioranze alternative che noi oggi non vediamo. Solo il voto è un principio per stabilire una maggioranza.

Sono possibili le elezioni anticipate? E’ uno scenario che esiste sempre in questa legislatura, visto che si basa su un doppio e reciproco ricatto tra Berlusconi e Lega. Casomai venisse meno, il voto è dietro l’angolo.

Franceschini ha dichiarato che il Pd è pronto a votare gli emendamenti dei finiani al ddl sulle intercettazioni. Potreste farlo anche voi? Noi faremo una valutazione di merito. Crediamo che questa legge sia inemendabile, sia un tale obbrobrio che non si può migliorare. Ma se ci sono singoli emendamenti per limitare il danno ben vengano.

Anche in questo caso, l’apertura di Franceschini ha una valenza politica più generale… Ma per noi ci sono e ci saranno in Parlamento solo questioni di merito.

Cosa dovrebbe fare Napolitano? Sta facendo le cose giuste: ha richiamato la maggioranza al rispetto del principio costituzionale su manovra e intercettazioni. Poi però è evidente che le scelte tecniche spettano alla maggioranza: il Presidente valuta in merito alla congruità alla Costituzione.

Che tipo di opposizione farete allora? Continueremo con la nostra opposizione. Al di là del mare di sciocchezze interessate che vengono dette sull’opposizione dell’IdV, noi non facciamo sconti. E sulle intercettazioni faremo una guerra senza confine in Parlamento.

da "Il Fatto Quotidiano" - di Wanda Marra - 4 luglio

INTERCETTAZIONI: IDV, RESISTENZA CIVILE IN PARLAMENTO!

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Se avessero un minimo di dignità e senso della democrazia si fermerebbero. Se avessero a cuore la sicurezza dei cittadini farebbero un passo indietro. Ieri, una piazza gremita di cittadini semplici, operai, insegnanti, impiegati, costituzionalisti, editori, scrittori, direttori, giornalisti e magistrati lo ha gridato forte e chiaro a Berlusconi. Il ddl intercettazioni, così come è, è da stracciare e buttare nel cestino perché è una porcheria colossale. In nome della tutela della privacy di manigoldi, ladroni di stato, mafiosi, e di una classe dirigente e politica corrotta, si lede il diritto alla libertà di informazione di tutti e si mette a rischio la sicurezza dei cittadini. Lo spettacolo che, invece, stanno offrendo governo e maggioranza, complice la Lega, è una commedia dell’assurdo, perché sono senza dignità. Attaccano il presidente della Repubblica Napolitano che fa il suo dovere, nel pieno rispetto delle sue prerogative, ovvero denunciare le pecche di una legge scellerata facendosi interprete e garante dell’equilibrio tra tutti i diritti. Fosse per loro, vorrebbero un Colle prono ai loro interessi e complice delle loro nefandezze. Anche i finiani si sono accorti che questo ddl è inemendabile, tanto che ieri il presidente della Camera Gianfranco Fini ha pronunciato parole chiare. Dopo l’allarme lanciato dal procuratore Grasso, ha detto Fini, è tempo di aprire una seria riflessione sul ddl intercettazioni nel Pdl, non dimenticandosi di denunciare l’evidente problema di legalità nel partito di maggioranza. Ora, però, bisogna che alle belle annunciazioni di principio del presidente della Camera seguano i fatti. E’ arrivata anche per i finiani l’ultima chiamata. Troppe volte si sono tirati indietro. Ora è tempo di diventare grandi, scegliendo tra la coerenza con quanto affermano o seguire ancora una volta gli ordini di scuderia, avvallando quel deficit di legalità che ha lamentato lo stesso Fini. Italia dei Valori si batterà come un leone perché questa legge venga ritirata. Sarà un assedio, senza esclusione di colpi. Siamo pronti ad occupare anche il Parlamento se necessario. Urleremo con tutto il fiato che abbiamo in gola e faremo arrivare la nostra voce ai cittadini, nonostante l’arroganza di questa maggioranza, complice il presidente della Camera, che ha imposto la discussione  del provvedimento nella prima settimana di agosto quanto la maggior parte dei cittadini saranno già in vacanza, nel patetico tentativo di nascondere loro quanto stanno facendo. Non hanno fatto i conti con noi. E’ tempo di resistere. Saranno le nostre giornate di resistenza civile.

FINI ADDIO. E SILVIO RINGRAZIA GIORGIA

 La prossima settimana comincerà in Aula alla Camera la discussione sul disegno di legge del governo in materia di riconoscimento e sostegno alle comunità giovanili. E’ il disegno di legge voluto fortemente da Giorgia Meloni, giovane ministro per le politiche giovanili del governo Berlusconi, e tutt’oggi presidente di Azione Giovani, il movimento che, dopo la svolta di Fiuggi, ha raccolto in sé l’eredità del Fronte della Gioventù, di Fare Fronte e del Fuan, ovvero le organizzazioni giovanili storiche del Msi. Il provvedimento è stato presentato alla Camera più di un anno fa. E’ stato poi dimenticato per otto mesi ma all’improvviso, dopo solo due sedute in sede referente, senza alcuno straccio di dibattito e di approfondimento serio in Commissione, è stato spedito in fretta e furia in Aula per l’approvazione finale. Un accelerazione alquanto sospetta. Diceva qualcuno che a pensar male si fa peccato ma qualche volta ci si azzecca. L'improvviso "avanti tutta", infatti, è avvenuto dopo lo strappo clamoroso tra Fini e Berlusconi, e al riposizionamento politico del giovane ministro Meloni che ha rinnegato il padre politico Gianfranco scegliendo Silvio. Qualcuno a palazzo Chigi deve essersene ricordato, oppure sarà stata Giorgia a rinfrescare le memorie. Tant'è che, all'improvviso, le è stato servito su di un piatto d’argento un provvedimentino ad hoc, con un bel gruzzoletto, giustappunto a misura del suo incarico di ministro e di presidente di Azione Giovani, ruolo che tra l’altro la pone in evidente conflitto di interessi. A chi destinerà i fondi Giorgia? Anche qui il sospetto è forte. I criteri fissati dal disegno di legge per ricevere fondi, infatti, sono talmente vaghi e generici che pure mio nonno, purché missino, potrebbe avanzare legittima richiesta. Un modo furbo e scaltro per avere le mani libere e distribuire soldi a pioggia, o, peggio ancora, in maniera clientelare e discrezionale.Sarebbe stato più utile e di buon senso sostenere le politiche regionali del settore giovanile, ovvero, dare i soldi a quelle realtà che fanno capo alle regioni e che già si occupano in maniera proficua di giovani. Invece no. Giorgia ha accentrato tutto a sé. Decide lei chi, come, dove e quanto. Per la cronaca, la Commissione parlamentare per le questioni regionali ha espresso parere contrario a questo disegno di legge perché tocca una materia che è di competenza legislativa delle regioni. Ma Giorgia non sente ragioni. Va avanti come un treno. Come darle torto, d’altronde. E’ il sogno degli ex missini che si realizza, il riscatto dell’ex Fronte della Gioventù che finalmente, sotto la sua égida, vedrà nasce, crescere e fiorire le tanto amate  “comunità giovanili”, spazi di aggregazione dove poter fare musica, cinema, teatro, ovviamente a destra. Ovviamente sarà battaglia. 

COSA HA NELLA TESTA BERSANI?

Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, dopo la rottura tra Fini e Berlusconi, compie la svolta. Parte il cantiere per l’alternativa di Governo. Obiettivo dichiarato, individuare 10 proposte al Paese. Ribadisce il no al dialogo con Berlusconi – almeno questo, benvenuto tra noi! – e propone un patto repubblicano a tutti, nessuno escluso. Un patto repubblicano all’Udc di Casini, all’Api di Rutelli e Tabacci ed al presidente della Camera, Gianfranco Fini. Ora, per carità, ho avuto ed ho il massimo rispetto per il percorso avviato dall’ex leader di An, di cui condivido per altro alcune visioni e sensibilità, ma rimane, e non ha mancato di ribadirlo anche in questi giorni, uomo di una parte politica ben precisa che ha valori e riferimenti ben diversi da quelli della sinistra. Ora, le cose sono due: o nel Partito democratico regna una grande confusione, e la scelta di dare fiato alla rivolta interna al Pdl e alle manovre finiani ne è l’evidente sintomo preoccupante, o il segretario del Pd si è messo in testa di costruire un nuovo centrodestra, perché questo sarebbe né più né meno. Poi si arrabbia quando lo accusano di avere la mania delle strategie nelle alleanze.  Se almeno ci fosse un po’ di coerenza, sarebbe già tanto. Non ha mancato di sottolinearlo oggi, attraverso un’intervista sul Corriere della Sera, anche Debora Serracchiani. Ora, apprezzo la chiarezza con la quale è solita parlare l’europarlamentare del Pd e segretario regionale del Friuli-Venezia Giulia, ma ci voleva tanto a capire che non si può proporre ogni giorno agli elettori del centrosinistra una coalizione diversa? Prima l’alleanza con l’Udc, ora il patto repubblicano ad Api, Pdl- Fini: a quando un centrosinistra moderno e riformista, che sappia coniugare crescita e solidarietà non solo a parole?