Falcidiate le intercettazioni. Questa volta, i silenzi non saranno compresi

napolitano.jpg Trovo indispensabile dopo le polemiche di questi giorni chiarire a tutti voi il mio pensiero e le opinioni da me espresse nella giornata di ieri in relazione agli eventi di piazza Farnese e alla polemica apertasi con il Quirinale. Mai e in alcun modo ho criticato il presidente Di Pietro né tanto meno ho inteso creare una spaccatura nel partito. Ieri ho semplicemente affermato tre punti molto semplici. Il primo che Antonio Di Pietro non ha mai offeso il presidente Napolitano e che sulle sue affermazioni sono state fatte “miserabili” strumentalizzazioni. “Ha preso spunto dal fatto che la polizia ha portato via uno striscione civile e non offensivo per dire che in democrazia bisogna anche tollerare la critica verso le più alte cariche istituzionali”.Seconda cosa. Ho  affermato che “è un dato oggettivo che, in alcuni momenti molto delicati che hanno coinciso con passaggi dove la maggioranza ha posto in essere delle notevoli forzature istituzionali - ad esempio il Lodo Alfano o la ricorrente aggressione alla Magistratura – è stato parco di parole e a dir poco prudente”.Terzo. Ho espresso una valutazione personale e diversa soltanto sulla valutazione da dare a questo comportamento che io ho reputato, e forse anche sperato, essere stata una scelta di sopravvivenza per il Colle a fronte di una maggioranza che altro non  cercava che uno scontro frontale.

Ho detto queste cose  perché ci credo davvero e perché ritengo che, come me, lo pensino anche altri tra i nostri elettori  e che si possano sentire rassicurati da una pluralità di opinioni all’interno del partito - e un partito granitico come il nostro non deve aver paura di rappresentare sensibilità diverse - e da ultimo perché credo sia importante non aprire un fronte di polemiche con il Quirinale alla vigilia della madre di tutte le battaglie, e spiego subito a cosa mi riferisco.

Con il disegno di legge sulle intercettazioni, il Governo ha avverato la profezia di Julius Von KirchmannUn tratto di penna del legislatore e intere biblioteche diventano carta straccia”. Solo che, in questo caso, a diventare carta straccia sarà la legalità e lo stato di diritto in questo Paese.

Con il disegno di legge sulle intercettazioni, il Governo di fatto ha “falcidiato” uno strumento fondamentale nelle mani dei magistrati per tutelare i cittadini di fronte ad ogni forma di criminalità e corruzione. Questa volta non basta dire che è come togliere il bisturi dalle mani di un chirurgo ma che al chirurgo gli vogliono proprio amputare le mani..

Sono tre i passaggi “perversi” di questo disegno di legge che metteranno a serio repentaglio la sicurezza di milioni di cittadini e che consentiranno alla criminalità organizzata di prosperare indisturbata.

Il primo. Da oggi per i reati puniti con meno di 10 anni le intercettazioni sono state di fatto abrogate perché per poterle disporre occorre di fatto che si sia già provata la colpevolezza dell’indagato. Piuttosto che intercettarlo, dunque, lo si andrebbe proprio ad arrestare.

Il secondo. Fissare a 60 giorni il termine massimo per le intercettazioni, significa che, se al 59 giorno, se si scoprono ulteriori complici, tutto viene vanificato. Insomma, chi delinque continuerà indisturbato a farlo.

Terzo. Se, nei casi di estorsione, il Governo pretende che sia la persona offesa a chiedere le intercettazioni, in realtà come il Sud del nostro Paese, la battaglia contro il pizzo sarà vanificata per sempre.

Per tutte queste ragioni, ritengo che la riforma delle intercettazioni sia un atto di eversione costituzionale, un attentato alla sicurezza dello Stato, un resa definitiva del Paese alla mafia, alla camorra, alla ‘ndrangheta.

Di fronte a questo scempio, che segna la vittoria di Berlusconi e dei falchi oltranzisti, non ci sono giustificazione degli alleati che tengano. E’ la sconfitta, senza mezzi termini, di Fini, di An, della Lega e di tutti quelli che, a parole, si professano e si dichiarano difensori della legalità.

E’ il più grande regalo della storia del nostro Stato ad ogni forma di criminalità.

Ebbene, di fronte a tutto questo, ci aspettiamo, anzi, diamo per scontato, che le più alte cariche dello Stato, si opporranno a questa tragica scelta. Perché questa legge è ancora più grave del lodo Alfano, perché se il lodo Alfano è una norma eticamente vergognosa poiché garantisce l’impunità ad un uomo, questa sulle intercettazioni è socialmente devastante perché compromette la sicurezza e la libertà di milioni cittadini.

Ed è proprio per questa ragione che siamo convinti che tutte le più alte cariche dello Stato comprenderanno che qui sono in gioco valori fondamentali di fronte ai quali, questa volta, silenzi o i mancati contrasti non saranno compresi in quanto rappresenterebbero un danno per il Paese.

Per il supremo rilievo dei valori in campo, il dibattito intorno a questa legge rappresenterà un punto di svolta nella vita democratica e nel confronto politico e istituzionale del Paese. Per questa ragione, le uniche posizioni possibili potranno essere quelle di chi sostiene la legalità o di chi la legalità la infrange, di chi questa legge la contrasta e la combatte, nelle forme e nei modi che appartengono al proprio ruolo, e di chi questa legge la consente o la avvalla.

Nel mezzo, questa volta, nessuno si potrà collocare. Perché questa volta un mezzo non c’è.

Federalismo e Giustizia: le ragioni di Idv

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Pubblico una mia intervista apparsa oggi su il Gazzettino. Vorrei conoscere la vostra opinione in merito.

 I sondaggi danno l’Idv in crescita, soprattutto nel Nordest, e Massimo Donadi legge in questo consenso «l’apprezzamento per un partito che non si fa condizionare e che in questi mesi ha fatto una opposizione alla luce del sole, schietta, anche dura quando doveva essere dura».

Voi non siete la sola opposizione, ma ognuno va per la sua strada: sul federalismo, per esempio, Pd e Udc sono orientati per il no, l’Idv è molto più disponibile.

«Sì, ma con una precisazione. Noi siamo molto disponibili e molto aperti perché il federalismo lo vogliamo con tutte le nostre forze. Per noi non è un ripiego, una scelta tattica. Siamo convinti che un buon federalismo, che porti il controllo di come vengono spesi i soldi pubblici vicino ai cittadini, sia un formidabile strumento di legalità, di buona amministrazione e anche di risparmio dei costi. Quindi lo vogliamo fortissimamente. Abbiamo però delle perplessità: primo perché su una materia così delicata è stato un errore grave quello di aver scelto la forma della legge delega, oltretutto talmente larga nelle maglie da rendere sostanzialmente in bianco il mandato al governo; secondo, perché già nell’ipotesi di legge si scrive che quel tiepido federalismo fiscale previsto non entri a regime prima di otto anni: e conosciamo abbastanza l’Italia per sapere che, quando si parla di fare una cosa tra otto anni, di solito si ha poca voglia di farla. Diciamo che la nostra è una preoccupazione tutta federalista».

Sulla giustizia, parti invertite: Pd e Udc cautamente disponibili, Idv contrario.

 «Sulla giustizia, tutti scelgono sempre la scorciatoia di definire l’Idv il partito del no a prescindere, il braccio armato dei giudici. Non sarà sfuggito che noi, che da otto mesi diciamo di no, alla proposta di Fini abbiamo detto tre quarti di sì e un quarto di no. Abbiamo detto che, se la proposta è quella, noi al tavolo ci sediamo. Ci sono differenze, ma abbiamo preso atto che nella riforma di Fini c’è quello che per noi è il cuore di una iniziativa fatta per rendere la giustizia più veloce e più efficace, non per disinnescarla. Qui però il problema è ormai tutto interno al centrodestra: quale linea prevale? Quella di Fini, che è la linea della legalità, o quella di Berlusconi che non si fanno mai le intercettazioni, si mettono i giudici sotto il controllo della politica e poi, per evitare che qualche indagine sfugga comunque, non si dà un solo centesimo ai giudici, così li ammazziamo per sfinimento?»

Sbaglio, o emerge che Pd e Udc siano più vicini di quanto l’Idv lo sia all’alleato Pd?

«Credo che questa sia davvero una colossale falsità. Affermo, certo di non poter essere smentito, che dall’inizio della legislatura su diecimila votazioni in aula, Idv e Pd hanno votato nello stesso modo 9.750 volte, Udc e Pd hanno votato insieme solo 250 volte. Forse è una strana forma di strabismo: la pensano allo stesso modo, ma al momento di votare premono due bottoni diversi. Oppure, dietro a queste apparenti vicinanze, ci sono i solo giochi interni al Pd di chi, avendo obiettivi propri e personali in mente, usa le alleanze come strumento di lotta interna al Pd. Sono stato chiaro?».

Da “il Gazzettino” del 22 gennaio 2009

L'olio di ricino moderno

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Si sta facendo strada, nei palazzi del potere, in maniera subdola e strisciante, quella che potremo definire la Beatificazione di Villari. Se prima, tale strada era percorsa da pochi all’interno del Pdl, con il passare dei giorni, complice il tempo che affievolisce l’indignazione e fa dimenticare la bassezza etica del mercimonio che ha portato Villari alla presidenza della Vigilanza Rai, tale via si sta facendo più affollata e il PDL trova molti ed attesi compagni di strada del PD. Comincia dunque da parte di molti, non solo nella maggioranza, una sorta di beatificazione di “Villari il Resistente”. Un uomo che ha dato un significato nuovo e per certi versi “sublime” al concetto di attaccamento alla poltrona. E che proprio per tale riprovevole comportamento etico, che gli è valso contumelie (per lo più fasulle) dall’intero arco costituzionale, appare oggi, dopo essere stato disconosciuto (sempre apparentemente) da tutti, proprio in questo suo essere “sub partes”,  un perfetto Presidente bipartisan  della Commissione di Vigilanza Rai. Questa è la riprova di quanto bene abbia fatto Italia dei Valori a tirarsi fuori da questo fango ed è la dimostrazione, se mai ce ne fosse stato bisogno, di quanto sia mortale il virus che ormai da troppo tempo  infetta il sistema dell’informazione pubblica radiotelevisiva, intorno alla quale si scatenano patetiche guerre fratricide per possederne uno spicchio di controllo. Si è arrivati persino a gettare sul palcoscenico dove si recita questa penosa e vergognosa commedia un pezzo di storia e di giornalismo italiano come Sergio Zavoli, salvo poi farlo decantare, aspettando che il tempo portasse il finale che, in realtà, troppi volevano e speravano fin dall’inizio.

Noi siamo fuori da tutto questo e ne siamo orgogliosi. Abbiamo un concetto troppo altro della cosa pubblica per piegarci a squallidi giochi di potere e ridurre il mandato che siamo stati chiamati a svolgere dai nostri elettori alle bramosie e alle voglie di palazzo.

Italia dei Valori non ha niente a che fare con tutto questo, rappresenta un modello di politica nuova, diversa, che mette al centro valori ed etica. Per questo diamo fastidio ed è per questo che, con uno schema non molto dissimile da quello del ventennio mussoliniano, scatta su di noi impietosa, ogni volta che proviamo a dire che il Re, inteso come potere, è nudo, la repressione che non è più fatta di manganelli e olio di ricino, ma di attacchi, insinuazioni, calunnie, denigrazione per distruggere la cosa più preziosa che un partito e un uomo politico può avere, la propria reputazione. Vi invito a leggere l’intervista a Mautone apparsa oggi su Panorama, la lettera su Libero a firma di Antonio Di Pietro e la risposta del direttore Feltri (trovate i link qui di seguito). Questi tre articoli dimostrano quante menzogne e quante bugie sono state scritte su di noi fino ad oggi. Dimostrano come Cristiano Di Pietro si sia limitato, come dice lo stesso Mautone, ad una insignificante  richiesta di favore nemmeno esaudita che, per carità, siamo i primi a non approvare ma per la quale Cristiano, pur senza alcuna responsabilità penale e quindi nemmeno indagato, ha già pagato il prezzo più alto, ovvero, la fuoriuscita dal partito. Mentre in tutti gli altri partiti, gli arrestati, gli indagati i rinviati a giudizio ci risultano comodamente e serenamente in sella alle loro poltrone e vanno tutte le sere in salotti televisivi compiacenti ad autoassolversi. Ma questo sacrificio, persino eccessivo, ci consente di porre, per il futuro, l’asticella del rigore morale all’interno del partito, al più alto livello, ed a nessuno mai nel nostro partito sarà applicato un metro di giudizio più tenero di quello che lo stesso Cristiano  Di Pietro ha applicato a sé stesso. Questa è l’incolmabile differenza tra noi e gli altri.

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QUESTIONE MORALE E CANNOLI

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Questione morale: se ne parla tanto. Ma se ne parla e basta. I partiti, infatti, ne hanno discusso a lungo, ma non l’hanno mai affrontata sul serio. Ora che il vaso di Pandora si sta scoperchiando in varie zone e i miasmi della malapolitica disgustano l’opinione pubblica, se ne parla ancora di più. Ma se ne continua a parlare e basta. Come sempre. Da anni accusano l’Italia dei Valori di essere ‘giustizialista’. Un’accusa idiota, una foglia di fico per giustificare le posizioni ‘ingiustizialiste’ di chi non vuole cambiare il modo di far politica in Italia e di chi ha fatto leggi per bloccare la giustizia negli ultimi quindici anni.

 

Attaccando noi tentano di giustificarsi e dare legittimità a comportamenti contro l’interesse comune.  E’ comodo da parte di chi, come Casini, ha votato leggi ad personam ed ha fatto parte della maggioranza che sosteneva Bertlusconi, definire ‘giustizialismo’ l’impegno per la legalità e l’uguaglianza tra i cittadini. E’ comodo dire ‘quelli son giustizialisti’. Il vero problema è della politica è la questione morale

 

Non è possibile che in politica si paghi, e neanche sempre, solo quando si arriva una sentenza passata in giudicato. Se ci fosse un’etica pubblica condivisa i segretari dei partiti inizierebbero a fare subito pulizia al loro interno, espellendo le mele marce ed investendo sulle persone più capaci sul territorio.

 

In Italia, ancora oggi, ci sono soltanto due codici comportamento: la morale individuale e la legge dello Stato. In mezzo c’è un gigantesco spazio vuoto, una terra di nessuno. Negli altri paesi questa terra di nessuno è presidiata dai principi dell’etica pubblica. Finché i partiti non si riapproprieranno di questo principio, nessuno pagherà mai per gli scempi commessi e non ci sarà un vero rinnovamento della classe dirigente di questo Paese.

 

Una chiosa: l’Udc ci attacca un giorno sì e l’altro pure. L’ultimo è stato Cuffaro, il quale ha detto che tra Udc e Idv non sarà mai possibile un matrimonio. Ha ragione, per noi la questione morale è un faro politico, non una mangiata di cannoli.

  

Testamento biologico: una legge "umana"

testamento-biologico.jpg Sui temi cosiddetti etici la politica parla e non decide. Il caso Welby e quello di Eluana Englaro ci inchiodano alle nostre responsabilità di legislatori che, fino ad oggi, siamo stati abilissimi a sfuggire.Io credo che una politica che non ha il coraggio di compiere scelte anche difficili e rimanda alla coscienza dei singoli non è degna di questo nome.Sento molto forte questa responsabilità e ho le mie idee al riguardo. Ma per fare la scelta giusta ho bisogno di confrontarmi con voi, di conoscere il vostro parere per poter meglio decidere. Personalmente, concordo con tutti quei medici e con quelle legislazioni nazionali, come quella vigente in Germania, secondo cui l’alimentazione effettuata con il sondino nei confronti di una persona che non ha più coscienza sia terapia e non alimentazione. E che diventi accanimento terapeutico quando per quella persona non vi è più speranza di guarigione. E’ da tempo che interrogo la mia coscienza su questo tema e la risposta è sempre la stessa.Quella cui è stata costretta Eluana in questi 16 anni è soltanto un’apparenza di vita ma non è vita vera. Perché manca di quella speranza e di quella dignità senza le quali la parola vita finisce con l’essere un concetto vuoto. Nell’accanimento con il quale si protrae questa finzione di vita mi pare manchi per prima l’umana pietà che si deve ad una vita che, realmente intesa come tale, non c’è più. Ed è per questo che ho sempre pensato che quanto chiede Beppino Englaro sia l’unico atto d’amore vero tributato da chi, a quella vita, quando ancora c’era, ha voluto veramente bene. Non c’è traccia alcuna di “pietas” nella vicenda di Eluana, non vi è traccia alcuna di quel rispetto per la vita umana cui molti si nascondono dietro per non decidere. Qualche giorno fa ho sottoscritto l’appello del professor Marini per il diritto alla libertà di cura. Per una legge sul testamento biologico che garantisca il diritto alla salute ma non il dovere alle terapie. Una legge di libertà, come indica la nostra Costituzione. Chiunque può sottoscrivere l’appello, è sufficiente andare sul sito www.testamentobiologico.it.

Attendo le vostre opinioni.

 

Chopin ed i suoi cattivi eredi

pianisti1.jpg Astuzia, rapidità, velocità d’esecuzione. Le caratteristiche del ‘pianista’, di quel parlamentare che vota per chi è assente. Con aria ingenua, facendo finta di guardare altrove, zacchete…malandrino, con la manina vota per i colleghi che non ci sono. Non è una cosa da poco, perché è un malcostume che incide sulla vita di tutti i cittadini: quei voti truffaldini, che modificano le maggioranze parlamentari, vengono conteggiati regolarmente. Per anni abbiamo denunciato questa grave irregolarità ed ora finalmente la Camera sta provvedendo, con l’ausilio della tecnologia. L’Aula, infatti, sarà dotata di un sistema di voto elettronico capace di riconoscere le impronte digitali, ma non è certo che potrà assolvere al suo compito, perché una fronda di parlamentari è contraria al suo utilizzo e per la sua piena funzionalità è necessario che ogni deputato dia il consenso al prelievo delle impronte. Gli stessi parlamentari che a proposito delle impronte digitali ai Rom, per esempio, dicevano che non si trattava assolutamente di una misura offensiva e lesiva della dignità umana, oggi invece si trincerano dietro il diritto alla privacy. E si dicono scandalizzati dall’idea di prendere impronte digitali ad un ‘Onorevole’. Beh, non so voi, ma io proprio non capisco come possa essere considerato offensivo un sistema di voto personalizzato. E poi, se prendere le impronte non è offensivo per un qualsiasi cittadino perché dovrebbe esserlo per un parlamentare? Io non voto per altri, rispetto il parlamento, la democrazia ed i cittadini e per questo sarò il primo a farmi prendere le impronte. Sia chiaro a tutti che daremo battaglia dentro e fuori il parlamento per evitare lo spreco di soldi pubblici, mezzo milione di euro, e per impedire che i pianisti continuino impunemente ad alterare le votazioni. Chopin, il ‘poeta del pianoforte’, non merita questi ‘eredi’.

"Una parte del Pd lavora per Berlusconi e ci vede come il male assoluto"

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"Sicuramente c'è una parte del Partito Democratico che è contro di noi".

Lo denuncia in un'intervista ad Affaritaliani.it il capogruppo dell'Italia dei Valori alla Camera, Massimo Donadi.

"I fatti accaduti in questi ultimi giorni, penso in particolare all'elezione di Villari ma se andiamo più indietro nel tempo non solo..., fanno capire che c'è davvero una parte del Pd che lavora per il Re di Prussia". Ovvero per Berlusconi...

"Sì, lavora ovviamente non in senso proprio. Due fatti si sommano in questo momento. C'è da un lato il partito trasversale Raiset (cioè Rai-Mediaset) che nel Centrodestra si impersona nello stesso blocco di comando, è Berlusconi, sono i suoi interessi e il gran ciambellano Romani. E più la situazione è difficile a causa della crisi e più si stringe il giogo sull'informazione che deve servire per mantenere il consenso.

Dall'altro lato però c'è quella parte di politica nel Centrosinistra che nel corso degli anni ha pensato di contrastare Berlusconi non opponendo un modello diverso ma cercando di copiare il suo stesso modello. Cercando quindi di creare una rete di potere economica-finanziaria-mediatica che si potesse contrapporre a quella del Cavaliere, a partire dal controllo totale di quella parte della Rai su cui riuscivano a mettere le mani.

E' quella parte che ha denunciato tre anni fa Arturo Parisi durante l'estate dei furbetti del quartierino, quando denunciò che c'era una questione morale non risolta in una parte dell'allora Ds".

Si riferisce a D'Alema e alla sua corrente?

"A un'area del Partito Democratico, della quale non penso proprio faccia parte Massimo D'Alema, ma persone che in questi giorni si sono spese per sostenere prima le ragioni di Villari, poi, quando noi ci siamo tirati fuori dalla partita della Vigilanza Rai, si sono scoperte tutte le frottole che sono state raccontate. Questa parte del Pd cerca di mantenere in piedi solo macerie. D'Alema è una persona intelligente e penso che abbia capito che quella battaglia è persa per sempre, nel senso che oggi di quella lotta il Pd ha ereditato solo macerie: contrapporre a Berlusconi un'armata di potere economico e mediatico è impossibile. Tutti quelli che erano stati messi insieme nel campo economico sono passati armi e bagagli con il premier, e lo si vede nell'operazione Cai e nel fatto che Berlusconi si ritrova un Corriere della Sera offerto dal suo direttore su un vassoio d'argento. Poi sul piano dell'informazione D'Alema si è fatto la sua tv".

Quindi contro chi punta il dito Donadi?

"Parlo di Latorre, Follini, Velardi e altri del Pd che, in virtù di una politica che ritengono solo come gestione di un potere, pensano sia più utile dialogare con chi il potere ce l'ha, anche se di una coalizione contrapposta, e contrattare briciole di potere piuttosto che contrapporsi con una forza politica come la nostra che poggia le ragioni etiche sul modo di fare politica. Chi ricerca la mediazione di interessi particolari vede l'alleanza con l'Italia dei Valori come il male assoluto perché toglie ogni speranza per quel tipo di governo nel quale credono".

 Da Affari Italiani.it

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"SU ALITALIA, I CAMPIONI DEL LIBERISMO APPLICANO LO STATALISMO "A CARICO DEI CONTRIBUENTI"

 

Pubblico la mia dichiarazione di voto sul caso Alitalia. Italia dei Valori, dopo giorni di ostruzionismo in Aula, ha dichiarato il proprio voto contrario ad un rifinanziamento di 300 milioni di euro fatto pescando nelle tasche dei cittadini italiani che avrà un unico effetto: quello di allungare l'agonia di Alitalia.

 

Signor Presidente, onorevoli colleghi,

l'Italia dei Valori ha fatto un'opposizione durissima contro l'approvazione del decreto-legge in esame per smascherare quello che crediamo sia un vero e proprio inganno che si sta cercando di perpetrare ai danni degli italiani. Sia chiaro: non l'abbiamo fatta conto gli interessi dell'Alitalia, né tanto meno contro gli interessi dei suoi dipendenti. Esattamente all'opposto: l'abbiamo fatta per difendere tale patrimonio e tali interessi contro l'azione del Governo che, a nostro avviso, non solo sta mettendo proprio l'Alitalia e i posti di lavoro dei suoi 15 mila dipendenti a serio rischio, ma ormai, quasi sicuramente, sta creando le condizioni per la loro distruzione.

Alitalia attraversa da tanti anni una fase di grande difficoltà che ha visto spesso lo Stato intervenire mettendoci molti soldi pubblici, ma senza mai essere capace di proporre risposte. Ebbene, il Governo Prodi in due anni aveva trovato un partner industriale, Air France, uno dei più grandi operatori internazionali in materia di volo civile, uno dei più solidi finanziariamente, che si era dichiarato disposto a rilevare Alitalia, a compiere importantissimi investimenti finanziari per rilanciare le sue capacità commerciali e che si era impegnato, inoltre, a rispettare in larga misura i livelli occupazionali dell'azienda e il fatto che Alitalia rimanesse la compagnia di bandiera italiana. Non voglio dire che questa fosse la migliore proposta possibile, né che non potesse essere migliorata, ma era una proposta seria che avrebbe tutelato, salvaguardato e difeso uno dei grandi patrimoni economici del nostro Paese.

Il problema è che negli ultimi tre mesi, da parte di quella che oggi è la maggioranza, si è messo in scena il più trito e il più deteriore dei comportamenti che caratterizzano spesso la politica italiana, caratterizzato soltanto dall'ipocrisia e dalla demagogia. In questo caso l'ipocrisia consiste in ciò: ogni volta che nel nostro Paese la politica ha voluto privatizzare pezzi di economia pubblica, e l'ha voluto fare eludendo le regole del mercato senza cercare di massimizzare le possibilità di profitto per lo Stato e di guadagno per i cittadini italiani, ogni volta che ha voluto privatizzare secondo criteri di «amicalità» più che di interesse pubblico e ha voluto applicare il vecchio refrain per cui i debiti sono dello Stato, mentre gli utili vanno ai privati, ha tirato fuori questa famosa parolina magica, «italianità». È questa la parolina magica che il candidato Premier in pectore Berlusconi ha tirato fuori tre mesi fa ed è lì che è nato il grande inganno, la grande demagogia elettorale. Per un pugno di voti, per un meschino di più di consenso elettorale si è pronunciata la famosa frase: o si fa Alitalia, o si muore.

Signor Presidente, questa rischia di essere in negativo una delle poche promesse che alla fine questo Governo avrà mantenuto: Alitalia non è ancora morta, non ci siete ancora riusciti, ma ci manca davvero poco! In due mesi, da quando l'attuale maggioranza ha vinto le elezioni, il valore di Alitalia in Borsa è crollato di un quarto; sarebbe crollato anche di metà se non fosse che da dieci giorni sono state sospese le contrattazioni per eccesso di ribasso. In questi due mesi Alitalia ha perso un quarto dei suoi passeggeri; insomma avete distrutto e state distruggendo un grande patrimonio economico del Paese.

Adesso, poiché questo non vi basta e non avendo soluzioni alternative da proporre, avete pensato di fare ciò che la politica sa sempre fare quando non ha idee: mettere le mani nelle tasche dei cittadini. Si tratta di 300 milioni di euro che non servono a niente, signor Presidente, e che rappresentano un po' la linea di riferimento dei vostri Governi. Infatti, già nel 2004, quando Berlusconi governava, fu stabilito un altro prestito di 400 milioni di euro.

Signor Presidente, allora almeno vi era un progetto industriale e una speranza di salvare Alitalia. Non vi siete riusciti, perché il vostro piano non era buono. Tuttavia oggi non vi è un piano industriale e nemmeno lo stralcio di un partner, perché Aeroflot ha dichiarato che ormai Alitalia ha superato il punto di non ritorno, Air France è scappata, Air One continua a essere quella che è sempre stata, ovvero il topolino che non può mangiare l'elefante.

Mi chiedo, dunque, cosa resti. Resta soltanto quella banca a cui voi avete dato l'incarico di vendere la società, ma a cui avete riconosciuto la possibilità alla fine (se lo volesse e se lo decidesse) di potersela comprare per sé. Insomma, stiamo procedendo ad una vendita dove non vi è né un partner, né un piano industriale e neanche le regole, in quanto avete anche deciso di sospendere l'applicazione degli obblighi di comunicazione che una società quotata in borsa ha verso i suoi azionisti. Di conseguenza, nessuno saprà più niente e gli investitori e i risparmiatori italiani non avranno più nessuna tutela, ma non vi è più neanche un quadro di riferimento di legalità liberale, poiché chi è incaricato di vendere è anche incaricato (se vuole) di acquistare.

Mi chiedo che razza di vendita sia questa e come si possano tutelare così gli interessi degli italiani. Oltretutto, nel far ciò, andate incontro a quella che ormai per voi è solo l'ennesima procedura di infrazione. Non riuscendo ormai a realizzare in Italia quella secessione cara a una parte della Lega, state realizzando, giorno dopo giorno, una strisciante secessione dall'Europa.

Non vi è giorno, non passa giorno, in cui l'Unione europea non sia costretta ad aprire una procedura d'infrazione verso l'Italia. Tuttavia l'inganno, come dicevo all'inizio dell'intervento, che noi volevamo svelare è che tutto ciò rappresenta una storia già scritta, scritta tre mesi fa quando il presidente Berlusconi, inopinatamente, ha fatto fuggire l'unico e serio acquirente, senza avere alle spalle nessuna altra alternativa, nessuna altra possibilità e nessuna altra chance. Ci si è dati un orizzonte di tre o quattro mesi, coperto ora mettendo le mani nelle tasche degli italiani, sapendo che così non si ha alcun potere contrattuale, in quanto il poco tempo danneggia chi vende ed è tutto negli interessi di chi compra.

Tuttavia, pare che mettere le mani nelle tasche degli italiani non spaventi il Governo. Infatti, avete già quasi distrutto il valore di Alitalia, ora chiedete agli italiani 300 milioni di euro e saremo costretti a pagare una multa per l'infrazione europea e un'altra multa dovremo pagarla cambiando materia. Sarà una multa probabilmente miliardaria in euro per le frequenze che non avete mai voluto dare ad Europa 7 e anche quando fate finta di togliere (come nel caso dell'ICI), con una mano togliete, ma con l'altra prendete. In questo caso con un tratto di penna avete cancellato tutte le strade che dovevano essere costruite tra la Sicilia e la Calabria, questo sì il vero patrimonio di cui il sud del Paese ha bisogno per crescere!

Insomma, un Ministro autorevole del vostro Governo a proposto in queste settimane la Robin Hood tax: mi pare che il Governo di Robin Hood abbia molto poco e assomigli sempre di più all'avido sceriffo di Nottingham.

Pubblichiamo il testo integrale dell’intervista rilasciata oggi, venerdì 16 maggio, da Massimo Donadi ad Affaritaliani.it

CI SONO PIU' OPPOSIZIONI E DIVERSE LINEE. SI CONFRONTINO TUTTE Nel giorno dell'incontro tra Silvio Berlusconi e Walter Veltroni, l'Italia dei Valori torna ad attaccare il Partito Democratico. "Siamo un po' scettici. Il dialogo va sempre bene, ma ci deve essere un oggetto e un obiettivo che in questo momento non sono assolutamente chiari", afferma ad Affaritaliani.it Massimo Donadi, capogruppo dell'Idv a Montecitorio e numero due del partito di Antonio Di Pietro. "Il governo in questo momento non ha in nessun modo anticipato quali saranno le sue scelte in settori strategici. Ci inquieta anche un po' che questo dialogo in forma privata e non parlamentare parta proprio dalla Rai. Vorremmo capire se è un incontro dove si parlerà di Rai, di Mediaset, di pluralismo dell'informazione, dei diritti di Europa 7 o se si parlerà di come non turbare più di tanto gli equilibri che in questi anni Pd e Pdl si sono dati nella lottizzazione della Rai. Fosse così, sarebbe veramente molto poco opportuno".L'affondo poi prosegue: "Questo incontro non ci pare volto al dialogo istituzionale tra maggioranza e opposizione ma è più un incontro privato tra due partiti. E questo potrà essere utile per loro. Però ci sono più opposizioni e diverse linee, si confrontino tutte. Non ci è piaciuto quanto ha detto il Pdl sul regolamento dell'opposizione. La sensazione è che Berlusconi, oltre a essersi scelto la sua maggioranza, si voglia scegliere anche l'opposizione che gli fa più comodo, quella più incline al dialogo. Il riconoscimento del governo ombra del Pd è un abominio istituzionale: che cosa facciamo, tre governi ombra? Non si capisce di che cosa si stia parlando. Non c'è chiarezza. Si è voluto mettere il carro davanti ai buoi, dialogare senza ancora sapere di che cosa, per fare cosa e con chi. Di questo governo non ci fidiamo fino a prova contraria, non diamo una cambiale in bianco. La daremmo a chiunque, ma certo non a Berlusconi. Quando ci confronteremo su progetti veri decideremo".E Veltroni? Il leader del Pd sta dando una cambiale in bianco al premier? "Sono più che certo della buona fede di Veltroni. Tutta la sua azione politica in queste settimane è stata improntata all'auspicio di un Paese normale e quindi ha accettato la sfida al dialogo. Credo però che dovrebbe fare attenzione, perché nel Paese sta passando l'idea che le scelte del governo non nascono dalla responsabilità maggioranza e dall'azione/critiche dell'opposizione ma da una condiviosione generalizzata. No è un modo corretto di fare opposizione, che deve essere sempre incisiva. Questa melassa collettiva non è un buon modo di fare opposizione e sicuramente non è il nostro".I Rapporti tra Italia dei Valori e Partito Democratico? "Non sono facili in questo momento, ciò non vuol dire che sono cattivi. Questa volta il Centrosinistra si è presentato con una coalizione compatta e con un programma profondamente condiviso, ma oggi siamo all'oposizione. E' palese per tutti che nel modo di approcciarci al governo abbiamo due punti di vista diamentralmente opposti. Spero che quando passeremo dalla fase attuale dei proclami all'opposizione concreta sui contenuti saremo dalla stessa parte. Aver fatto due gruppi divisi non significa mettere in discussione la natura strategica dell'alleanza con il Pd e la prospettiva della confluenza in un partito unico dei riformisti, che però ora non è certo dietro l'angolo. Anche perché nel Pd devono esserci molti chiarimenti e spero che avvengano rapidamente".

Italia dei Valori: 100% candidati puliti!

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Pubblico l'articolo di Repubblica di oggi, a pagina 4, con la situazione situazione giudiziaria dei futuri eletti del nuovo Parlamento. L'Italia dei Valori, come ho più volte dichiarato in questa campagna elettorale, ha solo persone con fedina penale pulita.

"Maglia nera l´Udc di Pier Ferdinando Casini, primi della classe i dipietristi di Italia dei valori. Nella classifica delle "liste pulite" del futuro Parlamento, i due partiti rappresentano gli estremi negativo e positivo. Il 9 per cento dei futuri parlamentari centristi, infatti, risultano condannati in primo grado, in secondo o in attesa del pronunciamento di appello e Cassazione. A fronte del 100 per cento delle teste di lista dell´Italia dei valori che non ha riportato non solo alcuna condanna, ma neanche rinvio a giudizio. La classifica è stata stilata, al termine di un´indagine incrociata sulle liste presentate da tutti i partiti, dal sito "lavoce. info". E fa riferimento alla situazione giudiziaria dei futuri eletti o primi esclusi, già presumibili in base alla composizione delle liste e delle proiezioni. «C´è del marcio in Parlamento», è il titolo dell´inchiesta-classifica sui virtuosi. In testa risulta appunto l´Idv con il 100 per cento di candidati privi di qualsiasi coinvolgimento giudiziario. Segue la Lega col 93,1 per cento. Quindi, il Pd con il 98,8, il Pdl col 96,7, la Sinistra arcobaleno con il 98,1. Fanalino di coda l´Udc di Casini con l´85,3 per cento. Il sito informa che «la principale fonte riguardante la situazione penale dei candidati è il libro "Se li conosci li eviti" di Peter Gomez e Marco Travaglio (Chiarelettere, ed.) e le sentenze della Cassazione penale».