Dal governo briciole per affrontare la crisi. Si colpiscano gli evasori fiscali.
La verità sulla sicurezza: il Governo taglia i fondi alle forze dell’ordine e li dà alle squadracce di partito
Per Silvio la democrazia è una partita a Risiko
Una partita a Risiko. Il giocatore, in questo caso il presidente di un gruppo parlamentare, muove le sue pedine, ovvero, i suoi colleghi parlamentari, per la conquista degli Urali, o che so io, dell’Arabia Saudita. Non sono impazzito, almeno non io. Questa è l’ultima trovata geniale del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che propone di cambiare i regolamenti parlamentari così: il voto del capogruppo deve valere per tutti i suoi deputati.
Se, dunque, un Cicchitto avanza con 25 pedine, Soro risponde con 10, Casini con 4 e Donadi, cioè il sottoscritto, con 3.
Se non si conoscesse a fondo l’uomo, ovvero, Silvio, si potrebbe finirla qui. Una bella risata e via a lavorare. Ma l’ultima trovata geniale del premier in realtà è la cifra esatta del suo concetto di democrazia, ovvero, un fastidioso orpello che si fa fatica a digerire e del quale ci si deve liberare al più presto. Come? Presto detto. Si prende un deputato, lo si fa capogruppo, quello vota per tutti. E se qualcuno non è d’accordo? Peggio per lui. Nell’universo parallelo di Berlusconi, nel quale il Parlamento è quell’inutile edificio dove l’opposizione ostacola ogni giorno il suo cammino verso l’esercizio assoluto del potere, tutto ciò un misero e deplorevole dettaglio.
D’altronde, dice Silvio, i suoi parlamentari sono uomini del fare e si deprimono a venire in Parlamento a votare. Peccato che siano pagati per farlo e anche profumatamente dai contribuenti italiani. Ma anche questo, nell’universo parallelo di Berlusconi, è un altro dettaglio di poco conto.
Allora, dico io, se davvero vogliamo fare le cose per bene e seriamente, riduciamo il numero dei parlamentari. Peccato che, ogni volta che Italia dei Valori tocca il tasto della riduzione del numero dei parlamentari, riceve in cambio un sonoro sberleffo, in questo caso, trasversale e bypartisan. Sarà anche questo un altro misero e deplorevole dettaglio?MILLS CONDANNATO, BERLUSCONI 'LODATO'
L’avvocato David Mills è stato condannato per aver detto il falso nei processi in cui era coinvolto Silvio Berlusconi. Adesso è evidente a tutti a cosa serve davvero il Lodo Alfano. Appena appresa la notizia, sono intervenuto nel dibattito parlamentare per chiedere al capo del Governo di riferire in Parlamento su questa situazione paradossale che in qualsiasi altro paese avrebbe portato alle immediate dimissioni del premier. Quello che l’Italia dei Valori ha sempre sostenuto oggi è ufficiale: l’Italia si è dotata di una legge che non ha uguali nel mondo, solo per garantire l’impunità a Berlusconi. Vi racconto questo fatto non per dirci di nuovo cosa pensiamo di Berlusconi, ma per raccontarvi cos’è accaduto in Aula dopo il mio intervento.
Prima è intervenuto Consolo (Pdl) per esprimere, in spregio al suo passato di grande giurista, più o meno questo concetto: chi se ne frega delle sentenze, gli italiani votano Berlusconi, come hanno fatto anche ieri in Sardegna, e il voto lava ogni peccato. E’ intervenuto poi Brigandì della Lega, dicendo che la sentenza era frutto dell’odio verso Berlusconi dei soliti giudici comunisti e prezzolati ed il lodo Alfano è stato approvato solo perché i giustizialisti nel ‘94 abolirono l’immunità parlamentare. Brigandì dimentica che l’immunità fu approvata proprio grazie alla Lega. Furio Colombo (Pd), invece, con grande passione ha sostenuto le ragioni del mio intervento. Il gruppo del Pd gli ha riservato un gelido silenzio e neanche un applauso. Anzi, dopo le parole di Colombo, alcuni deputati del Pd hanno chiesto di intervenire per esprimere il loro dissenso. Non gli è stato possibile solo perché il presidente Leone ha limitato gli interventi ad uno per gruppo. Spiace dirlo, ma è facile essere unica opposizione in questo Parlamento.La lezione di Eluana
Eluana è morta. Spero abbia raggiunto la pace che cercava e che meritava. C’è poco da dire, se non rivolgere un pensiero affettuoso alla famiglia e un apprezzamento a papà Beppino per il grande amore che l’ha spinto ad andare fino in fondo.
Avrebbe potuto finirla molto tempo fa Beppino, nel silenzio della sua casa o di una clinica svizzera. Avrebbe potuto tirare fuori una foto di Eluana come era diventata dopo 17 anni di coma irreversibile, per mettere a tacere la montagna di menzogne dei tanti Binetti dei tanti Formigoni e dei tanti Berlusconi d’Italia. Di chi ha detto che Eluana aveva le guance rosse, di chi ha sfiorato il ridicolo dicendo che Eluana aveva una vita piena, di chi ha toccato l’indecenza dicendo che Eluana avrebbe potuto avere anche figli. Di chi, dopo, ha detto che Eluana è stata uccisa di fame e sete.
Invece no. Beppino, padre amorevole, ha continuato a proteggerla, continuando a diffondere le immagini di quando Eluana era giovane e bella, piena di vita, quella vita, piena e compiuta che l’ha abbandonato, non ieri, ma17 anni fa.
Io ho una mia visione, soprattutto etica di quello che doveva essere il destino di Eluana, di quelle che sono state le scelte d’amore dei suoi genitori. In queste settimane, nonostante queste mie convinzioni siano profondamente radicate, ho sentito il bisogno e l’esigenza di parlare con diversi medici che hanno avuto in cura Eluana in questi anni, con neurologi di fama internazionale, con anestesisti. Mi hanno detto tutti la stessa cosa. Eluana Englaro, 17 anni fa, ha avuto lesioni cerebrali gravissime. Dal quel momento il suo cervello non ha avuto più nessuna attività primaria, quella legata alla coscienza e alla consapevolezza. Mi hanno detto che, nei casi come quelli di Eluana, dopo 3, 4 anni comincia l’atrofizzazione del cervello, un’atrofizzazione che dopo 8, 10 anni porta il cervello ad avere le dimensioni di un pugno. Mi hanno detto che non è mai esistita, nella storia dell’umanità, nella storia della scienza medica, un caso di risveglio dopo 17 anni. Mi hanno detto che togliere l’idratazione, in malati ormai ad un passo dalla fine, è una forma di sedazione naturale che, inducendo torpore, accompagna verso una dolce morte.
Tutto quello che Eluana era, la sua coscienza, la sua intelligenza, quello che i suoi genitori e i suoi amici hanno amato è morto 17 anni fa. Oggi, di lei, restava un guscio, un guscio sano, perché giovane, ma vuoto. Un guscio vuoto che non aveva nessuna speranza di tornare a quella forma di vita consapevole che, per me, è l’unico concetto di vita possibile.
Questa è la mia convinzione ma rispetto la cultura, le convinzioni di chi dice che anche quella di Eluana era vita. Ma quello che non rispetto e che non riesco ad accettare è che si voglia attribuire dignità ad un solo modo di concepire la vita, giungendo al punto di giudicare addirittura illegale scelte come quella fatta da Eluana e da suo Padre.
Un conto è il rispetto per il pensiero dell’altro. Un conto però è che qualcuno, in virtù dei suoi principi o del suo credo religioso, qualora io mi trovassi nelle condizioni di Eluana, volesse condannarmi a vivere 10 o 20 anni in quella che io ritengo una forma di non vita, violentando la mia volontà ed infliggendo al mio corpo quella che io riterrei la violenza più brutale.
Questo Paese ha bisogno di una legge “civile” ed io mi impegnerò in Parlamento affinchè non vi sia più nessun caso Eluana. Perché non vi sia più chi, deve affrontare un lungo e doloroso calvario, per veder rispettata la propria volontà.
Negare le cure mediche ai clandestini è una barbarie
Un conto è non essere buonisti, un altro è essere cattivi o stupidi. Quello che sta facendo il Governo su immigrazione e sicurezza appartiene alle ultime due categorie.
Anche noi sosteniamo da tempo che i flussi migratori devono essere meglio disciplinati e regolati, che le espulsioni devono divenire più rapide ed effettive e che, in un anno come quello che stiamo attraversando, caratterizzato da una crisi economica che brucerà centinaia di migliaia di posti di lavoro, sia opportuno bloccare per tutto il 2009 i nuovi ingressi per non sommare altra disoccupazione rispetto a quella che già dobbiamo affrontare.
Il Governo, invece, fa spot e vara provvedimenti inumani. E’ evidente che un medico non ha gli strumenti per comprendere se sta curando un clandestino o un immigrato regolare. Un effetto, però, questa norma lo produrrà di sicuro: molti immigrati, per paura delle conseguenze, non andranno a curarsi. Potrebbero essere delle madri che decidono di partorire a casa con gravi rischi per loro e per i neonati. Potranno essere malati gravi che rinunceranno alle cure, mettendo a rischio, in caso di malattie infettive, anche altre persone.
Questa legge provocherà prima o poi, ineluttabilmente, vittime, che resteranno sulla coscienza di chi l’ha votata. Negare le cure mediche ai clandestini è una barbarie, indegna di un paese civile. Un germe razzista che il nostro Paese ha conosciuto ai tempi del ventennio. Ieri al Senato è stato approvato il testo sulla sicurezza, che prevede misure inutilmente crudeli. Il paradosso è che alimentano l’odio e l’intolleranza, ma sono assolutamente inefficaci. Per tutti questi motivi continuo a pensare ad un episodio. Giovedì ho partecipato ad una trasmissione televisiva e dietro le quinte un senatore leghista ha fatto capire che questa legge non serve a nulla dicendo: ‘E’ evidente che i medici non faranno gli investigatori’. Non ho altro da aggiungere.Falcidiate le intercettazioni. Questa volta, i silenzi non saranno compresi
Ho detto queste cose perché ci credo davvero e perché ritengo che, come me, lo pensino anche altri tra i nostri elettori e che si possano sentire rassicurati da una pluralità di opinioni all’interno del partito - e un partito granitico come il nostro non deve aver paura di rappresentare sensibilità diverse - e da ultimo perché credo sia importante non aprire un fronte di polemiche con il Quirinale alla vigilia della madre di tutte le battaglie, e spiego subito a cosa mi riferisco.
Con il disegno di legge sulle intercettazioni, il Governo ha avverato la profezia di Julius Von Kirchmann “Un tratto di penna del legislatore e intere biblioteche diventano carta straccia”. Solo che, in questo caso, a diventare carta straccia sarà la legalità e lo stato di diritto in questo Paese.
Con il disegno di legge sulle intercettazioni, il Governo di fatto ha “falcidiato” uno strumento fondamentale nelle mani dei magistrati per tutelare i cittadini di fronte ad ogni forma di criminalità e corruzione. Questa volta non basta dire che è come togliere il bisturi dalle mani di un chirurgo ma che al chirurgo gli vogliono proprio amputare le mani..
Sono tre i passaggi “perversi” di questo disegno di legge che metteranno a serio repentaglio la sicurezza di milioni di cittadini e che consentiranno alla criminalità organizzata di prosperare indisturbata.
Il primo. Da oggi per i reati puniti con meno di 10 anni le intercettazioni sono state di fatto abrogate perché per poterle disporre occorre di fatto che si sia già provata la colpevolezza dell’indagato. Piuttosto che intercettarlo, dunque, lo si andrebbe proprio ad arrestare.Il secondo. Fissare a 60 giorni il termine massimo per le intercettazioni, significa che, se al 59 giorno, se si scoprono ulteriori complici, tutto viene vanificato. Insomma, chi delinque continuerà indisturbato a farlo.
Terzo. Se, nei casi di estorsione, il Governo pretende che sia la persona offesa a chiedere le intercettazioni, in realtà come il Sud del nostro Paese, la battaglia contro il pizzo sarà vanificata per sempre.
Per tutte queste ragioni, ritengo che la riforma delle intercettazioni sia un atto di eversione costituzionale, un attentato alla sicurezza dello Stato, un resa definitiva del Paese alla mafia, alla camorra, alla ‘ndrangheta.
Di fronte a questo scempio, che segna la vittoria di Berlusconi e dei falchi oltranzisti, non ci sono giustificazione degli alleati che tengano. E’ la sconfitta, senza mezzi termini, di Fini, di An, della Lega e di tutti quelli che, a parole, si professano e si dichiarano difensori della legalità.
E’ il più grande regalo della storia del nostro Stato ad ogni forma di criminalità.
Ebbene, di fronte a tutto questo, ci aspettiamo, anzi, diamo per scontato, che le più alte cariche dello Stato, si opporranno a questa tragica scelta. Perché questa legge è ancora più grave del lodo Alfano, perché se il lodo Alfano è una norma eticamente vergognosa poiché garantisce l’impunità ad un uomo, questa sulle intercettazioni è socialmente devastante perché compromette la sicurezza e la libertà di milioni cittadini.
Ed è proprio per questa ragione che siamo convinti che tutte le più alte cariche dello Stato comprenderanno che qui sono in gioco valori fondamentali di fronte ai quali, questa volta, silenzi o i mancati contrasti non saranno compresi in quanto rappresenterebbero un danno per il Paese.
Per il supremo rilievo dei valori in campo, il dibattito intorno a questa legge rappresenterà un punto di svolta nella vita democratica e nel confronto politico e istituzionale del Paese. Per questa ragione, le uniche posizioni possibili potranno essere quelle di chi sostiene la legalità o di chi la legalità la infrange, di chi questa legge la contrasta e la combatte, nelle forme e nei modi che appartengono al proprio ruolo, e di chi questa legge la consente o la avvalla.
Nel mezzo, questa volta, nessuno si potrà collocare. Perché questa volta un mezzo non c’è.
Federalismo e Giustizia: le ragioni di Idv
Pubblico una mia intervista apparsa oggi su il Gazzettino. Vorrei conoscere la vostra opinione in merito.
I sondaggi danno l’Idv in crescita, soprattutto nel Nordest, e Massimo Donadi legge in questo consenso «l’apprezzamento per un partito che non si fa condizionare e che in questi mesi ha fatto una opposizione alla luce del sole, schietta, anche dura quando doveva essere dura».
Voi non siete la sola opposizione, ma ognuno va per la sua strada: sul federalismo, per esempio, Pd e Udc sono orientati per il no, l’Idv è molto più disponibile.«Sì, ma con una precisazione. Noi siamo molto disponibili e molto aperti perché il federalismo lo vogliamo con tutte le nostre forze. Per noi non è un ripiego, una scelta tattica. Siamo convinti che un buon federalismo, che porti il controllo di come vengono spesi i soldi pubblici vicino ai cittadini, sia un formidabile strumento di legalità, di buona amministrazione e anche di risparmio dei costi. Quindi lo vogliamo fortissimamente. Abbiamo però delle perplessità: primo perché su una materia così delicata è stato un errore grave quello di aver scelto la forma della legge delega, oltretutto talmente larga nelle maglie da rendere sostanzialmente in bianco il mandato al governo; secondo, perché già nell’ipotesi di legge si scrive che quel tiepido federalismo fiscale previsto non entri a regime prima di otto anni: e conosciamo abbastanza l’Italia per sapere che, quando si parla di fare una cosa tra otto anni, di solito si ha poca voglia di farla. Diciamo che la nostra è una preoccupazione tutta federalista».
Sulla giustizia, parti invertite: Pd e Udc cautamente disponibili, Idv contrario.«Sulla giustizia, tutti scelgono sempre la scorciatoia di definire l’Idv il partito del no a prescindere, il braccio armato dei giudici. Non sarà sfuggito che noi, che da otto mesi diciamo di no, alla proposta di Fini abbiamo detto tre quarti di sì e un quarto di no. Abbiamo detto che, se la proposta è quella, noi al tavolo ci sediamo. Ci sono differenze, ma abbiamo preso atto che nella riforma di Fini c’è quello che per noi è il cuore di una iniziativa fatta per rendere la giustizia più veloce e più efficace, non per disinnescarla. Qui però il problema è ormai tutto interno al centrodestra: quale linea prevale? Quella di Fini, che è la linea della legalità, o quella di Berlusconi che non si fanno mai le intercettazioni, si mettono i giudici sotto il controllo della politica e poi, per evitare che qualche indagine sfugga comunque, non si dà un solo centesimo ai giudici, così li ammazziamo per sfinimento?»
Sbaglio, o emerge che Pd e Udc siano più vicini di quanto l’Idv lo sia all’alleato Pd?«Credo che questa sia davvero una colossale falsità. Affermo, certo di non poter essere smentito, che dall’inizio della legislatura su diecimila votazioni in aula, Idv e Pd hanno votato nello stesso modo 9.750 volte, Udc e Pd hanno votato insieme solo 250 volte. Forse è una strana forma di strabismo: la pensano allo stesso modo, ma al momento di votare premono due bottoni diversi. Oppure, dietro a queste apparenti vicinanze, ci sono i solo giochi interni al Pd di chi, avendo obiettivi propri e personali in mente, usa le alleanze come strumento di lotta interna al Pd. Sono stato chiaro?».
Da “il Gazzettino” del 22 gennaio 2009L'olio di ricino moderno
Si sta facendo strada, nei palazzi del potere, in maniera subdola e strisciante, quella che potremo definire la Beatificazione di Villari. Se prima, tale strada era percorsa da pochi all’interno del Pdl, con il passare dei giorni, complice il tempo che affievolisce l’indignazione e fa dimenticare la bassezza etica del mercimonio che ha portato Villari alla presidenza della Vigilanza Rai, tale via si sta facendo più affollata e il PDL trova molti ed attesi compagni di strada del PD. Comincia dunque da parte di molti, non solo nella maggioranza, una sorta di beatificazione di “Villari il Resistente”. Un uomo che ha dato un significato nuovo e per certi versi “sublime” al concetto di attaccamento alla poltrona. E che proprio per tale riprovevole comportamento etico, che gli è valso contumelie (per lo più fasulle) dall’intero arco costituzionale, appare oggi, dopo essere stato disconosciuto (sempre apparentemente) da tutti, proprio in questo suo essere “sub partes”, un perfetto Presidente bipartisan della Commissione di Vigilanza Rai. Questa è la riprova di quanto bene abbia fatto Italia dei Valori a tirarsi fuori da questo fango ed è la dimostrazione, se mai ce ne fosse stato bisogno, di quanto sia mortale il virus che ormai da troppo tempo infetta il sistema dell’informazione pubblica radiotelevisiva, intorno alla quale si scatenano patetiche guerre fratricide per possederne uno spicchio di controllo. Si è arrivati persino a gettare sul palcoscenico dove si recita questa penosa e vergognosa commedia un pezzo di storia e di giornalismo italiano come Sergio Zavoli, salvo poi farlo decantare, aspettando che il tempo portasse il finale che, in realtà, troppi volevano e speravano fin dall’inizio.
Noi siamo fuori da tutto questo e ne siamo orgogliosi. Abbiamo un concetto troppo altro della cosa pubblica per piegarci a squallidi giochi di potere e ridurre il mandato che siamo stati chiamati a svolgere dai nostri elettori alle bramosie e alle voglie di palazzo.
Italia dei Valori non ha niente a che fare con tutto questo, rappresenta un modello di politica nuova, diversa, che mette al centro valori ed etica. Per questo diamo fastidio ed è per questo che, con uno schema non molto dissimile da quello del ventennio mussoliniano, scatta su di noi impietosa, ogni volta che proviamo a dire che il Re, inteso come potere, è nudo, la repressione che non è più fatta di manganelli e olio di ricino, ma di attacchi, insinuazioni, calunnie, denigrazione per distruggere la cosa più preziosa che un partito e un uomo politico può avere, la propria reputazione. Vi invito a leggere l’intervista a Mautone apparsa oggi su Panorama, la lettera su Libero a firma di Antonio Di Pietro e la risposta del direttore Feltri (trovate i link qui di seguito). Questi tre articoli dimostrano quante menzogne e quante bugie sono state scritte su di noi fino ad oggi. Dimostrano come Cristiano Di Pietro si sia limitato, come dice lo stesso Mautone, ad una insignificante richiesta di favore nemmeno esaudita che, per carità, siamo i primi a non approvare ma per la quale Cristiano, pur senza alcuna responsabilità penale e quindi nemmeno indagato, ha già pagato il prezzo più alto, ovvero, la fuoriuscita dal partito. Mentre in tutti gli altri partiti, gli arrestati, gli indagati i rinviati a giudizio ci risultano comodamente e serenamente in sella alle loro poltrone e vanno tutte le sere in salotti televisivi compiacenti ad autoassolversi. Ma questo sacrificio, persino eccessivo, ci consente di porre, per il futuro, l’asticella del rigore morale all’interno del partito, al più alto livello, ed a nessuno mai nel nostro partito sarà applicato un metro di giudizio più tenero di quello che lo stesso Cristiano Di Pietro ha applicato a sé stesso. Questa è l’incolmabile differenza tra noi e gli altri.
QUESTIONE MORALE E CANNOLI
Questione morale: se ne parla tanto. Ma se ne parla e basta. I partiti, infatti, ne hanno discusso a lungo, ma non l’hanno mai affrontata sul serio. Ora che il vaso di Pandora si sta scoperchiando in varie zone e i miasmi della malapolitica disgustano l’opinione pubblica, se ne parla ancora di più. Ma se ne continua a parlare e basta. Come sempre. Da anni accusano l’Italia dei Valori di essere ‘giustizialista’. Un’accusa idiota, una foglia di fico per giustificare le posizioni ‘ingiustizialiste’ di chi non vuole cambiare il modo di far politica in Italia e di chi ha fatto leggi per bloccare la giustizia negli ultimi quindici anni.
Attaccando noi tentano di giustificarsi e dare legittimità a comportamenti contro l’interesse comune. E’ comodo da parte di chi, come Casini, ha votato leggi ad personam ed ha fatto parte della maggioranza che sosteneva Bertlusconi, definire ‘giustizialismo’ l’impegno per la legalità e l’uguaglianza tra i cittadini. E’ comodo dire ‘quelli son giustizialisti’. Il vero problema è della politica è la questione morale
Non è possibile che in politica si paghi, e neanche sempre, solo quando si arriva una sentenza passata in giudicato. Se ci fosse un’etica pubblica condivisa i segretari dei partiti inizierebbero a fare subito pulizia al loro interno, espellendo le mele marce ed investendo sulle persone più capaci sul territorio.
In Italia, ancora oggi, ci sono soltanto due codici comportamento: la morale individuale e la legge dello Stato. In mezzo c’è un gigantesco spazio vuoto, una terra di nessuno. Negli altri paesi questa terra di nessuno è presidiata dai principi dell’etica pubblica. Finché i partiti non si riapproprieranno di questo principio, nessuno pagherà mai per gli scempi commessi e non ci sarà un vero rinnovamento della classe dirigente di questo Paese.
Una chiosa: l’Udc ci attacca un giorno sì e l’altro pure. L’ultimo è stato Cuffaro, il quale ha detto che tra Udc e Idv non sarà mai possibile un matrimonio. Ha ragione, per noi la questione morale è un faro politico, non una mangiata di cannoli.
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